Pensando ad “amore” e “animali”, rifletterei con voi su due aspetti fondamentali: come noi umani amiamo loro e come loro, esseri non-umani (definizione che trovo più appropriata) amano noi. Per quanto riguarda il nostro amore – o non amore – nei loro confronti, trovo stupenda la frase -giustamente famosa – di Gandhi: “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”.
Ѐ necessaria da sola per un’intera giornata di riflessioni; pensiamo, ad esempio, ai molti problemi ancora aperti come i canili lager, il traffico di cuccioli dall’Est, il fenomeno degli abbandoni che nonostante tutto è ancora gravissimo (adesso li abbandonano meno in autostrada, ma continua il “non pensiero” per cui se un cane crea problemi, o se i problemi degli umani diventano prioritari, possa essere lasciato al canile come un pacchetto…) e i canili saturi.
Oppure, in positivo, ai successi come la chiusura di Green Hill, all’impegno di associazioni come la LAV e di tutte quelle che si impegnano a salvare cani dalle situazioni più tragiche e improbabili (per esempio, quelle che salvano i levrieri scartati dalle corse e destinati a morte certa in Spagna e Irlanda)
In realtà, ognuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa, anche semplicemente salvando un cane adulto e dandogli una seconda possibilità…e per fortuna nel mio lavoro di educatore mi capita sempre più spesso di trovare situazioni di questo tipo! Credo che la cosa più importante che si deva fare, nel momento in cui si decide di accogliere un animale nella propria vita, sia mettersi nell’ottica di capirlo, di conoscerlo nella sua etologia prima ancora di amarlo. Se lo amiamo in modo troppo “umano”, senza tenere conto di cosa avrebbe realmente bisogno, non rispettiamo il suo essere cane, gatto, coniglio o tartaruga…
Ѐ importante chiedersi: cosa lo fa sentire “amato”? Per esempio: per una tartaruga è abbastanza ininfluente essere presa in braccio e accarezzata, mentre saremo sicuri di farla sentire “coccolata” se vive a una temperatura che varia perfettamente in base alle necessità della sua specie e se è nutrita in modo giusto e nelle quantità corrette. Se devo “coccolare” il mio coniglio e lo afferro dalle orecchie tenendolo sospeso nel vuoto, avrò la certezza assoluta di avere un essere terrorizzato che accoglierà la mia carezza come il peggiore dei supplizi…e non avete idea di quanto volte io l’abbia visto fare! Parlando di un cucciolo di cane, l’errore più comune è che una volta nutrito e accudito posso essere felice da solo nel suo meraviglioso giardino: la conseguenza, di solito, è un giardino devastato e un cane iperagitato e ingestibile quando incontra qualcuno. Se il cane è un animale sociale, prima di tutto dovremmo ricordarci che ha bisogno del suo gruppo e, solo dopo, potrà imparare a restare solo! Quando lavoriamo nelle scuole (dall’asilo alle superiori) insieme agli insegnanti, proponiamo ai bambini e ai ragazzi queste riflessioni: è stupendo vedere come imparino a scoprire gli animali, a non darli per scontati, a “leggere” nel loro comportamento quanto hanno da dirci (perché anche se non parlano ci dicono davvero un sacco di cose: sono anni che faccio questo lavoro e vi assicuro che non c’è giorno in cui un cane non mi insegni qualcosa).
Riguardo al secondo aspetto di questa riflessione, cioè come loro amano noi, mi viene solo una parola: incondizionatamente. Qualunque tipo di esperienza abbia vissuto, anche la più raccapricciante, non basta a fugare in un cane la voglia di interagire e amare gli esseri umani: anche quando hanno subito maltrattamenti e conservano paure e diffidenze, sanno trovare dentro di loro la fiducia per riaprirsi al mondo degli umani, se capiscono che sono amati. Non sono umani, eppure (o proprio per questo) comprendono le nostre emozioni, le assorbono, hanno la capacità di farti sorridere anche nei momenti più improbabili; chi vive con un animale sa di cosa parlo, perché è qualcosa che succede in ogni momento con lui. A questo proposito mi capita davvero molto spesso – oserei dire sempre – quando inizio un lavoro di educazione, di sentire la frase “Ecco, lui (o lei) era quello che il cane non l’aveva mai voluto e non voleva prenderlo, e adesso è quello che lo vizia e non ascolta nessuno…”, dove lui o lei possono essere indifferentemente marito, moglie, figlio, nonna o altro ancora (che di solito sentendo questa frase sogghigna e accarezza ancora più amorevolmente il peloso…). Questo, secondo me, dice molto sulle capacità di questi esseri di capirci e, quindi, anche amarci più di quanto noi possiamo accorgerci.
C’è poi una parte di animali, in modo particolare fra i cani, che agli umani dedicano tutta la loro vita attraverso il lavoro che svolgono: pensate a tutti i cani da lavoro e da assistenza, ai cani da ricerca, ai cani per non vedenti e – non ultimi – anche ai cani che come i miei fanno pet therapy. Sono loro a scegliere, dopo un training che li prepara adeguatamente, perché devono avere voglia di mettersi a disposizione della persona (o delle persone) con cui si troveranno a svolgere il loro lavoro, che nel nostro caso consiste fondamentalmente nel “dare amore” sotto forma di interazione, di coccole, di gioco, di emozioni positive. Mi piacerebbe far parlare lor, ma ovviamente non posso. Così, ho pensato che la cosa migliore fosse farvi vedere, attraverso una breve raccolta di fotografie, i momenti , gli sguardi, le emozioni che si creano quando interagiscono con gli umani, scelte fra i momenti di interazione a scuola in zooantropologia didattica tra gli incontri di pet therapy (www.elenagoi.altervista.com).
Dott. Elena Goi, tratto dall’intervento al convegno “Essere donna oggi” – Vigevano – 16 marzo 2013