Phobos in lingua greca significa paura o timore e la “reazione fobica”, in etologia, è un meccanismo di orientamento che provoca l’allontanamento in fuga di un qualsiasi animale da determinati stimoli. Con la parola “stimolo” s’intende, in generale, qualsiasi fenomeno in grado di evocare una risposta. In sostanza la reazione fobica dice all’animale quale direzione o situazione deve evitare.
Per il cane lo stesso ambiente in cui vive e si relaziona funge da stimolo. Certamente l’uomo, in quanto parte integrante di quell’ambiente, è una ricca fonte di stimoli. Parole, gesti, posture, sguardi, anche i più banali atteggiamenti dell’uomo, sono per il cane stimoli importanti. Il canale comunicativo tra cane e uomo è la semiotica e cioè l’insieme di tutti i segni che servono, appunto, per la comunicazione. Il cane è un grande osservatore e presta la massima attenzione al timbro, all’intonazione della nostra voce, alle pause, ai gesti che rassicurano, a quelli che allertano e in generale alla mimica e alle posture corporali. Ѐ così che comunichiamo con il nostro cane ed è così che lui comunica con noi, ma soprattutto è nello stesso identico modo che incorriamo in errori che, talvolta, possono portare a incidenti.
La cronaca nazionale riporta spesso notizie di cani che “improvvisamente” diventano aggressivi e attaccano il malcapitato di turno (bambino, anziano, un passante, ecc.). L’aggressività è una dote naturale di ogni quattro zampe. Poi il corredo di un cane è diverso da quello di un altro, sennonché uno può aver vissuto esperienze nelle prime settimane di vita che l’hanno portato a valutare gli atteggiamenti aggressivi come funzionali e utili ad allontanare il problema da se stesso; oppure un altro cane può aver avuto uno “strano” rapporto con il suo padrone, non adatto e, quindi, si è sviluppata una cattiva relazione uomo-cane; oppure ci possono essere problemi fisici o di salute, che portano il cane a essere facilmente irascibile. Ogni cane possiede il gene dell’aggressività, questo perché lo scopo essenziale della sua vita è di sopravvivere e salvaguardarsi, in una parola quello dell’autoconservazione. Questa innata qualità, in risposta a un particolare stimolo, si traduce in difesa, scissa poi in due azioni: fuga o attacco. Un cane equilibrato e ben gestito nel brancofamiglia adotterà sempre la prima scelta. Perché? Per se stesso è necessario sopravvivere, quindi non può attaccare e rischiare così di fallire, preferisce fuggire e garantire a se stesso un’alta percentuale di “vittoria”. Oltretutto i cani sono, per natura, risolutori di conflitti, anticipati dai progenitori lupi. Tuttavia molti atteggiamenti aggressivi sono, anche, lo specchio di una competizione per una risorsa (cibo, territorio, giochi, partner sessuale …) oppure per una situazione spiacevole senza “vie di fuga”. Chi si relaziona con un cane e decide di condividere la propria vita con questo essere vivente deve informarsi e formarsi; serve per evitare di trovarsi di fronte a situazioni complicate da gestire o, volendo sottolineare la rara cultura cinofila, addirittura di ignoranza e inadeguatezza.
La “via di fuga” non è altro che uno spazio concreto, visibile e tangibile che permetta al cane di fuggire e di allontanarsi dallo stimolo spiacevole, il non essere costretto a sopportare quella particolare situazione. Se quest’ultima risultasse un po’ pesante e pressante occorrerebbe sempre concedere al cane di allontanarsi, di “abbandonare il campo”. Un bambino può diventare davvero assillante e insistente con un cane e quest’ultimo ha, ovviamente, una soglia di stimolo che se superata può portare a gravi incidenti. Lo stesso vale per le scorrette posture del corpo, e meglio, l’eccessivo imporsi fisicamente sul cane (per svariati motivi: abbracciare, allacciare pettorina, spazzolata..); in questo caso si sentirebbe davvero costretto e ristretto e, se non si conosce il suo livello di sopportazione, potrebbe “improvvisamente” attaccare non avendo possibilità di fuga. La reazione di fuga, va detto, può anche essere la conseguenza diretta di una paura del cane. Come in ogni caso, va sempre analizzata con attenzione e cautela la situazione e poi trarne le conclusioni. Ecco perché è indubbio quanto sia importante un percorso educativo. Non è legato solo alla possibilità di avere un cane che risponda a semplici segnali verbali e, quindi, a esercitare una sorta di controllo su di esso, piuttosto racchiude la possibilità di conoscere questo compagno di vita. Non s’intraprende una convivenza con un qualsiasi sconosciuto; non si sposa per tutta la vita una persona a caso; non si ama un individuo solo per alcuni aspetti, occorre amarlo in tutto il suo essere; solo così si instaura una sincera, leale, corretta e serena relazione. Per analogia con un cane: è necessario conoscerlo, imparare il suo linguaggio, iniziare a comunicare correttamente con lui, amarlo incondizionatamente e nel suo completo, per convivere insieme a lui e scoprire una meravigliosa vita gaudente, piena zeppa di sensazioni ed emozioni l’uno accanto all’altro.
Sulla rete televisiva nazionale viene trasmesso lo spot di un formaggio e lo slogan pubblicitario recita proprio così: “Non portare a casa uno sconosciuto!”
Certo che no!
Luana Michetti – Educatore Cinofilo