Quasi sempre l’approccio e la comunicazione con il cane non sono corrette e si aprono due correnti di pensiero: quella del cane “Robot” che sostiene “è solo un cane” e quella che lo antropomorfizza sostenendo “è come un figlio”.
Partendo dal presupposto che ormai chiunque abbia un cane si è arreso alla sua evidente intelligenza, rimane da convincere chi un cane ancora non ce l’ha. Indipendentemente da ciò, trovo ancora la convinzione che l’unico modo per approcciarvisi sia attraverso i rinforzi, positivi e/o negativi, pensando al cane come ad uno strumento. In questo modo oltre ad ottenere una percentuale molto bassa delle sue possibilità, si hanno conseguenze psicologiche negative soprattutto se si usano metodi coercitivi. Per non parlare poi che molti guardano noti programmi televisivi ed emulano cercando di fare il “capobranco” utilizzando la forza o la paura per “farsi rispettare”, oppure si riempiono il marsupio di wurstel per premiare il comportamento corretto. Mi viene da pensare se mio padre e mia madre anziché farmi capire l’importanza del famoso pezzo di carta e utilizzare l’occasione come strumento di comunicazione, mi avessero dato 100.000 lire ogni volta che studiavo oppure avessero utilizzato punizioni e forza. Magari avrebbero ottenuto dei risultati, ma io non ne avrei capito la motivazione e il nostro rapporto ne avrebbe risentito diventando freddo e limitato.
Paragono quello che provo io, essere umano, a quello che prova un cane?
Partiamo dalla definizione di emozione:
reazione affettiva, in genere breve ma intensa, che insorge all’improvviso in risposta a degli stimoli ambientali. L’utilità delle emozioni consiste nel permettere di valutare nell’immediato se uno stimolo sorprende, se può essere utile o dannoso ed infine, se siamo in grado di affrontarlo o è meglio allontanarsi da esso.
Possiamo negare che il cane provi paura, sorpresa, piacere o tristezza?
A me sembra che quando vado via lasciando i miei cani a casa, la loro espressione sia chiarissima tanto quanto quella del mio successivo rientro.
Essere in grado di provare emozioni però non significa che siamo autorizzati a trattare un cane come fosse un bambino. Rischiamo di annullare la sua natura e il suo orgoglio esattamente come se facessimo il contrario.
Le diversità morfologiche non si possono trascurare. Sembra ovvio, eppure spesso vedo prendere in braccio i cani, imboccarli con posate, obbligarli a subire le nostre torture. Tipico esempio è l’abbraccio. Per noi è un contatto ventrale-ventrale che ha un significato di affetto, i cani invece si abbracciano solo quando si montano, quindi per loro è un chiaro atto di dominanza. Se alcuni lo accettano loro malgrado, cercando di farci capire che non ne sono contenti, altri reagiscono soprattutto se a farlo è un bambino. Ci tengo a dire che questa discriminazione spesso è motivata dal fatto che quest’ultimo è un compagno di giochi e non una guida, se poi aggiungiamo che i genitori non hanno compreso i segnali di disagio del cane nel momento in cui avviene l’abbraccio spiegandoli al bambino, ecco che il danno è fatto. Questo è solo un piccolo esempio delle differenze che esistono e che ci dovrebbero far capire che trattare il cane come un essere umano gli crea dei seri scompensi che poi tramuta in comportamenti a noi indesiderati. Si può concludere che molti “problemi” sono una manifestazione di disagio che il nostro amico a 4 zampe cerca di comunicare attraverso risposte che per lui sono normali ai nostri comportamenti.
Ma allora come approcciarsi a lui?
Proviamo a pensare al cane come compagno, soggetto con una coscienza e non oggetto o strumento che serve per tenere alla larga i ladri. Cerchiamo di capirlo attraverso le sue posture senza imporci e a comunicare con lui. Esempio pratico: avviciniamoci frontalmente al nostro cane con la mano tesa sopra la sua testa molto lentamente e guardiamo la sua reazione. Dovremmo notare che sposterà la testa per evitare questo tipo di contatto. Come negarglielo? Riusciamo ad immedesimarci? Mettiamoci a 4 zampe e chiediamo a qualcuno di fare la stessa cosa… immaginando che la mano sia più grande della nostra testa.
Nel momento in cui riusciremo a capirci di più e lo faremo entrare nella nostra famiglia, quello che ci mancherà per ottenere la sua fiducia e per completare la nostra relazione è soddisfare i suoi bisogni fondamentali. Questi ultimi non sono solo quelli fisiologici, ma anche di accreditamento, di appartenenza, di realizzazione, di varietà e cognitivi.
Quando dimostro l’abilità dei cani nel comprendere le mie richieste, in molti mi chiedono come faccio. Se riusciamo a capire il punto di vista del nostro amico che ci accompagnerà per molti anni della nostra vita, da qui l’aggettivo compagno, saremo anche in grado di comunicargli le esigenze nostre e della società.
Chiediamoci l’utilità di certe richieste e riusciremo ad avere una convivenza felice e serena. Un cane educato è in grado di accompagnarci ovunque e anche questo contribuirà ad una nuova tolleranza da parte della nostra società.
Il mio obiettivo da educatore cinofilo non è dunque insegnare i comandi, per i quali basterebbero pochissime lezioni, ma fare da interprete tra le nostre esigenze e quelle del cane.