Per molto tempo scienziati e biologi si sono interrogati su quale fosse la reale discendenza di un determinato animale che, con la sua socialità elevatissima, è riuscito a conquistare un posto particolare nella vita dell’uomo antico e moderno: il cane. Grazie ai progressi in campo scientifico, studi genetici hanno dimostrato che il cane discende da un antenato comune, il lupo. Attualmente sappiamo che esiste una differenza solo dello 0,2% tra il DNA del cane e quello del suo antico progenitore. Ed è proprio alla discendenza dal lupo che il nostro canis familiaris deve la sua straordinaria capacità di comunicare, lo spiccato senso del branco e la relativa predisposizione alla cooperazione e collaborazione. Intorno agli anni 60, l’etologo Konrad Lorenz elaborò una teoria, successivamente applicata all’evoluzione delle razze canine dai biologi Coppinger: la neotenia. Con questo termine, sconosciuto ai più, si intende la permanenza nel soggetto adulto di caratteri fisici e comportamentali più o meno infantili, secondo lo stadio di appartenenza, rispetto al suo progenitore, che rappresenta invece lo sviluppo completo. Essa consiste nel confronto dei tratti estetici e comportamentali tipici dei ceppi canini con i vari stadi della crescita del lupo. La neotenia è una teoria assolutamente necessaria per qualunque cinofilo, al fine di poter valutare le singole razze, le loro peculiarità e l’eventuale attitudine rispetto al lavoro per cui sono state selezionate. Essa, inoltre, ci permette di avere un quadro più chiaro della storia naturale del cane e della coevoluzione primordiale con la nostra specie. Non era certo intenzione del nostro progenitore quella di modificare le caratteristiche morfologiche e comportamentali del lupo ma, facendo cadere la sua scelta su quel lupacchiotto che più di altri si prestava ad una socialità con l’uomo, non ha fatto altro che fissare inconsapevolmente quei caratteri nelle successive generazioni. Per contro, i primi esemplari involontariamente selezionati, così propensi a una comunicazione interspecifica, una volta divenuti adulti, non se la sarebbero cavata ad affrontare l’ambiente duro e selvaggio della natura. I nostri antenati non hanno effettuato una selezione consapevole nella scelta dei caratteri che desideravano conservare nelle generazioni future. Agendo in base a criteri empirici, sopprimevano i cuccioli che mostravano scarsa docilità e limitata predisposizione all’uomo. Con questa seppur involontaria spinta selettiva, il nostro antenato ha di fatto estromesso i geni responsabili della maturazione comportamentale e dell’emancipazione sociale tipici del lupo adulto.
Attraverso lo scorrere del tempo, mutavano non solo le caratteristiche comportamentali, ma anche quelle somatiche. La fissazione delle caratteristiche infantili ha comportato l’arresto della maturazione morfologica e caratteriale in quattro stadi: 1) cuccioli – in questa fase il piccolo lupo resta nella tana, rassicurato dal contatto con la madre e i fratelli e non dimostra ancora curiosità nei confronti del mondo esterno. Anche la morfologia presenta caratteri infantili, contraddistinti da testa molto più sviluppata rispetto al corpo, muso corto, fronte arrotondata e rugosa, orecchie pendenti e andatura goffa. A questo stadio di crescita del lupo, possiamo comparare cani che non hanno un interesse molto sviluppato per l’esplorazione e gli oggetti in movimento, come i molossoidi. Questi si rivelano molto legati al padrone e alla casa e non mostrano un’eccessiva tendenza ad abbandonare il territorio rispetto ad altre razze. Anche l’aggressività, che nel lupo adulto è ritualizzata, talvolta nel molossoide si può esprimere in maniera scomposta e svincolata da ogni schema riconosciuto in natura. Da quest’ultimo aspetto si posson evincere le peculiarità del cane da combattimento che, al pari del cucciolo di lupo, che non è ancora in grado di emettere e interpretare i segnali di cessazione dell’ostilità, continua la lotta senza smorzare l’aggressività. Vorrei, però, sottolineare che questo e gli altri stadi, non possono essere interpretati come uno schema rigido, in quanto l’ambiente in cui vive il singolo soggetto è un elemento fondamentale e significativo che incide sul suo profilo comportamentale, così come la capacità del proprietario di generare esperienze utili al molossoide (e ovviamente a qualsiasi altro cane) al fine di arricchirgli il range comunicativo; 2) giocatori – in questo stadio il lupacchiotto manifesta una spiccata curiosità ed è fortemente stimolato dall’ambiente esterno. Il cucciolo è molto attratto da ciò che l’ambiente gli propone, anche una fogliolina mossa dal vento è per lui motivo di sorpresa e grande interesse. Attraverso questi stimoli il piccolo lupo comincerà, giocando, a mettere in atto le prime strategie di caccia. Ovviamente, in questa fase non è ancora pronto per mettere in pratica l’intera sequenza predatoria. Riguardo alla morfologia, il lupetto comincia ad allungarsi, la fronte diventa meno prominente e rugosa, gli arti cominciano a raddrizzarsi. In questo stadio possiamo inserire molti cani da caccia e retrievers; 3) paratori – per il giovane lupo è arrivato il momento di esercitarsi nella cosiddetta “ parata”. Si tratta di un comportamento predatorio che evolve dal precedente e avvicina il giovane soggetto all’attività di “gregario” nella caccia di branco, in cui i più inesperti hanno il compito di parare, cioè spingere le prede verso gli individui adulti e più forti del gruppo. Questo è un comportamento fondamentale e molto lupino, che permette una stretta collaborazione sociale e coesione tra i membri e denota la capacità di cooperare in una fantastica sintonia con lo scopo comune della realizzazione del momento più importante della vita sociale del branco: la caccia. Il lupacchiotto si presenta in questa fase come un soggetto adulto in miniatura, il muso si allunga ancora, le orecchie sono ormai erette o semierette, l’andatura è agile e sciolta. In questo stadio si possono annoverare i cani da conduzione delle greggi. Se pensiamo per un attimo ad un border collie alle prese con la conduzione di un gregge di pecore, noteremo il suo passo furtivo, lo sguardo attento, le movenze felpate e ci accorgeremo che in quel momento il cane sta mettendo in atto la sequenza predatoria tipica del lupo, ovviamente privata delle fasi finali. 4) tallonatori – in questa fase siamo vicini alla crescita psico-fisica completa. Il giovane lupo ha ormai tutto l’aspetto di un soggetto adulto, le orecchie sono erette, il corpo armonioso, la canna nasale affusolata e l’occhio decisamente semilaterale. In questo momento dello sviluppo, il lupacchiotto presenta tratti comportamentali adolescenziali, diventa consapevole di far parte di un branco e di doverne perciò rispettare la gerarchia. Ora esso è un animale sicuro di sé e non ha più una stretta dipendenza dalla madre. Sono frequenti le escursioni fuori dall’ambiente del gruppo sociale cui appartiene. Egli ormai partecipa quasi a pieno titolo alla caccia. L’appellativo dello stadio “tallonatori“ deriva dalla tecnica, ancora non completamente sicura, nella predazione del giovane cacciatore. Se, infatti, il lupo esperto afferra con morso tranquillo la sua preda, con l’intento di abbatterla nel più breve tempo possibile, l’adolescente alle prime armi la rincorre mordendola nella parte posteriore con morso ancora insicuro e meno efficace. Con il 4° stadio si conclude la crescita psico-fisica del cane. In questa fase il livello di infantilizzazione è molto basso e questo elemento si nota anche nella vocalizzazione, in cui alcuni tipi di latrato evolvono in ululato. Appartengono al gruppo dei tallonatori i cani nordici (Husky, Malamute, Akita etc.) e primitivi come il Basenji. Questa interessante teoria, elaborata da scienziati di fama mondiale, non deve e non può essere ridotta a mera interpretazione di uno schema rigido dai confini netti e invalicabili. Essa si sviluppa a partire da un interessante confronto tra le caratteristiche nel nostro cane domestico, compagno di vita e avventure e il suo affascinante e complesso antenato, il lupo. Senza tralasciare la fondamentale importanza dell’ambiente e del contesto in cui il singolo cane è inserito (gli stimoli esterni che saranno alla base della sua formazione caratteriale e comportamentale), la neotenia si prefigge lo scopo di fornire al veterinario, al comportamentalista o al cinofilo uno strumento utile alla conoscenza delle varie razze e le relative peculiarità. Sapere interpretare determinate caratteristiche comportamentali, non solo è fondamentale per inquadrare eventuali alterazioni del comportamento, ma rappresenta anche la scelta consapevole del cane giusto che meglio si adatti alle esigenze della famiglia in cui andrà a inserirsi. Una scelta informata e consapevole di una razza piuttosto che un’altra, pone le basi per una convivenza duratura e felice.