Educare un cane non significa solo insegnargli dei comandi, ma significa dargli gli elementi per sapersi comportare nelle varie situazioni che la nostra società gli impone. L’educazione inizia dalla nascita, la mamma già nelle prime settimane di vita insegna ai cuccioli l’autocontrollo, a moderare il morso, a fermarsi quando sta esagerando col gioco, a comunicare e le gerarchie. Per questo è molto importante che la prima esperienza della mamma non avvenga troppo giovane in modo che sia in grado di affrontare simile incarico, inoltre non dovrà essere troppo timida o irruenta o paurosa, altrimenti è questo che insegnerà ai suoi figli. E’ altrettanto necessario che il cucciolo non venga separato troppo presto dalla mamma e dai fratelli, altrimenti tutti questi insegnamenti non li riceverà in ogni caso. Parlando di un’età entro la quale iniziare l’educazione, potrei dire che non esiste una data precisa, proprio perché per educazione non intendo addestramento, anche se gli inglesi utilizzerebbero la stessa parola: Training. E’ una sottile differenza direbbe qualcuno, per me invece un cane addestrato è quello per disabili, oppure per ciechi, ma anche per la caccia, per sport quali obedience, agility e via dicendo, dove è necessario che il comando venga eseguito alla perfezione. L’educazione invece dipende dalle regole di convivenza con il proprietario e con la società urbana. E’ dettata dunque da regole che vigono in casa come non abbaiare di notte oppure non chiedere cibo agli ospiti e da regole che vigono nel paese in cui ci troviamo, per l’Italia potrebbe essere la lunghezza del guinzaglio piuttosto che l’obbligo a raccogliere le feci come sancisce il decreto Martini, oppure (in ambiti più ristretti) per il barista non ricevere un festoso saluto ed essere buttato a terra perché stava portando al tavolo un succulento tramezzino. L’educazione è il comportamento che il cane sceglie di mettere in atto nelle varie situazioni della vita e dipende da quello che gli abbiamo insegnato. Quindi a che età inizia il Training educativo? In realtà come già detto quando accogliamo nelle nostre case un cucciolo correttamente distaccato e oculatamente scelto (senza dar quindi credito a “aziende cinofile” il cui obiettivo è solo sfornare teneri cagnolini per un lauto guadagno), l’educazione è già iniziata, dobbiamo solo continuare. Inutile dire che il programma deve essere diversificato a seconda dell’età, non posso pretendere che un cane di 3 mesi faccia un percorso di educazione di base come non chiederei ad un bambino di 3 anni di andare in prima elementare. Allora come inizia l’educazione? Il termine chiave per i cani fino almeno ai 6 mesi è socializzazione. E’ del tutto normale che se non abbiamo fatto la giusta socializzazione con gli altri cani e il nostro ne vede un altro (entrambe al guinzaglio), inizia ad abbaiare e sembra fuori di se perché non sa come comportarsi e noi che non sappiamo se vuole sbranarlo o giocarci, dall’altro capo del guinzaglio cerchiamo di attirare la sua attenzione ma ci sembra diventato completamente sordo tutto ad un tratto. Così in molti pensano che basti far giocare il piccolo con i suoi coetanei, senza regole, mentre leggono un libro su come educarlo. In realtà è affare assai più arduo. La socializzazione è ben più ampia, riguarda i territori intesi come ambienti, le persone, gli altri animali, insomma conoscere tutto ciò che il mondo può offrire. La socializzazione è la prevenzione dei problemi comportamentali, infatti tutto quello che il cucciolo conoscerà diventerà una situazione in cui si saprà comportare da adulto. Deve essere fatta con gradualità altrimenti rischiamo di sensibilizzare il nostro amico e otterremo l’effetto contrario. La conoscenza di altri cani è fondamentale, ovvio, ma il tutto con regole e con esercizi di “centripetazione”, ovvero dove il proprietario o come preferisco chiamarlo io il 2zampe è al centro dell’attenzione del suo 4zampe. Si inizia così, facendogli conoscere quante più cose possibili in maniera corretta, cercando di stare quanto più tempo insieme, infine con molta calma e pazienza spiegargli il comportamento da tenere in città ma anche in casa, insegnandogli i suoi spazi, dandogli un’educazione alimentare e cercando di occuparci di lui per tutta la sua vita, con giochi, cure e attività fisica. Cercheremo di essere quanto più possibile coerenti anche quando Fido sarà adulto, nonostante la nostra componente umana… A tutti fa piacere se un cucciolo ci fa le feste, ci salta in braccio, poi però quando diventa un po’ più grande iniziamo ad arrabbiarci perché lui senza volerlo ci fa male, oppure perché ci sporca (o ci rompe) quel bel vestito nuovo indossato per una cerimonia o semplicemente per andare a lavorare. E’ lì che ci arrabbiamo, perché ha sbagliato, quindi lo sgridiamo perché non capisce che non deve saltarci addosso. Chiedo “chi sbaglia realmente?” “Chi è la razza superiore?” “chi è che non capisce?”Posso assicurare che il cane impara e lo si educa a qualsiasi età, noi invece da bravi esseri umani siamo incoerenti. Se si pensa che al cucciolo abbiamo lasciato fare quasi qualsiasi cosa, perché piccolo, bello e tenero e poi invece da adulto a quante volte diciamo NO, non si fatica a credere che per lui diventi un rumore di sottofondo insignificante. Così per proprietari disperati perché il loro cane non li ascolta ho sentito dare i consigli più disparati come ad esempio far corrispondere al no un buffetto o il classico colpo di giornale sul fianco posteriore nelle migliori delle ipotesi. Ma abbiamo mai analizzato il nostro comportamento? Ci siamo accorti che siamo abituati a dire quello che non vogliamo? Non voglio che il mio cane tiri al guinzaglio, non voglio che il mio cane abbai oppure non voglio che il mio cane salti addosso, ma l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito. Poniamo il caso che non voglio che il cane mi salti addosso, continuo a spingerlo quando salta, gli urlo “giù!” il cane la prima volta si ferma un secondo, noi logicamente siamo ancora seccati quindi lo ignoriamo e allora lui riinizia a saltarci addosso e noi di conseguenza continuiamo a spingerlo; il giorno dopo siamo di buon umore o con vestiti “da casa” e ci scappa anche solo un sorriso mentre gli urliamo il solito “stai giù!”. Otteniamo che il cane potrebbe pensare “allora vedi che ti fa piacere?” oppure nella migliore delle ipotesi “non vuole che gli salti addosso, ok… ma nemmeno che non lo faccia… adesso ci riprovo che non ho capito… ah ecco, no no, allora gli piace” Perché? Perché analizzando il nostro comportamento al video mettendo una lingua sconosciuta, vedo che se il cane salta c’è un interazione sia fisica che verbale, se smette invece l’essere umano arrabbiato se ne va… il giorno dopo sorride e il comportamento si ripete, allora probabilmente ieri avevi quell’espressione perché dove sei andato ti hanno fatto arrabbiare… Il pensiero l’ho umanizzato, ma così è più semplice per noi che siamo l’altra specie. E se noi facessimo il contrario? Abbiamo mai provato ad insegnargli a stare con tutte e 4 le zampe a terra quando arriviamo a casa? Mi spiego, se noi ci giriamo di spalle, lo ignoriamo e facciamo finta di andarcene scocciati ogni volta che ci salta addosso, e invece quando rimette le zampe a terra andiamo da lui, lo lodandolo (o anche premiandolo) gli stiamo comunicando in modo corretto quello che non ci piace, ma altrettanto bene quello che ci piace. Ci vorrà tempo, impegno, pazienza, coerenza, senza mai sbagliare ma otterremo l’obiettivo e saremo entrambe felici. Il problema è che non abbiamo voglia, rientriamo dal lavoro, stanchi, non abbiamo voglia di impegnarci… e il nostro cane che colpa ne ha? Non è sufficiente il fatto che sia stato tutto il giorno a casa ad aspettarci dormendo e annoiandosi? Il trucco è comunicare con lui a suo modo, non certo costringendolo a capire da solo un linguaggio che oltre a non essere il suo è anche incoerente.