In molteplici occasioni mi viene chiesto quale metodo educativo tenda a utilizzare. In questi casi preferisco spiegare come interpreto la relazione uomo-cane, perché dopo anni in cinofilia mi sono reso conto che schematizzare la relazione interspecifica tra due esseri viventi è riduttivo. Per me questa relazione è rappresentata dal concetto di “educazione cooperante”, dove il termine “cooperante” significa: “operare insieme con altri; contribuire con la propria opera al conseguimento di un fine; collaborare”.
Intendo, quindi, per “educazione cooperante” una collaborazione tra specie umana e canina, nella quale il ruolo dell’uomo consiste nel comprendere la natura del cane e nell’essergli da guida in un mondo urbanizzato che nella maggior parte dei casi ha poco a che vedere con la sua natura, adattando e valorizzando le competenze e le caratteristiche di specie che il cane mette in gioco. Gli esercizi di educazione cooperante non rappresentano, in poche parole, i consueti “addestramenti”.
Prendiamo in considerazione, ad esempio, la condotta al guinzaglio nella quale tradizionalmente si ritiene fondamentale la posizione del cane al nostro fianco da ottenersi, in funzione dei vari metodi, elargendo un numero infinito di bocconcini oppure ricorrendo purtroppo a metodi coercitivi. Al contrario, nel contesto di un’educazione cooperante, la condotta al guinzaglio rappresenta un momento di esplorazione, complicità e relazione sociale, nella quale le capacità empatiche tra specie (su quelle dei cani non ho dubbi!) riservano una delle maggiori occasioni per comunicare e non si crea più quella contrapposizione che spesso si riscontra attraverso un utilizzo scorretto del guinzaglio.
La convivenza con i cani impone a noi esseri umani la necessità di capire la natura ed etologia di questa specie, senza dimenticare che la selezione di tipologia morfologica prima e razze poi, da noi effettuata nell’arco di secoli, ha mutato in maniera considerevole le caratteristiche comportamentali e caratteriali dei cani, per cui anche volendo rappresentare il lupo come origine comune della specie canina difficilmente potremo tener presente che relazionarci con un Carlino piuttosto che un Pastore Tedesco potrà e dovrà essere fatto nella stessa maniera.
Nell’ambito dell’educazione cooperante l’uomo deve accettare, interpretare, in alcuni casi aiutare a evolvere o controllare caratteristiche comportamentali intrinseche in ogni soggetto canino, senza mai volerle snaturare o cancellare perché ritenute inadatte al nostro vivere. In questo tipo di educazione ritengo basilare fornire delle competenze comportamentali ai cani di fronte alle situazioni di vita che a loro si possono presentare, per cui è fondamentale effettuare degli esperienziali attraverso i quali cuccioli o cani adulti possono capire in maniera progressiva quali comportamenti sono più opportuni.
Per raggiungere questo scopo una risorsa è rappresentata, anche, dai “cani sociali” che possono, attraverso la loro esperienza e capacità comunicativa, condurre gradualmente anche soggetti inesperti o mal socializzati verso una capacità relazionale migliore. Durante un corso per operatori cinofili, per spiegare il mio concetto di educazione, ho introdotto uno dei miei cani in aula, lasciandolo libero di muoversi nello spazio e di relazionarsi con i presenti: a questo cane non venivano imposti comandi ed esercizi, non gli veniva detto assolutamente nulla. Trascorsi alcuni minuti ho domandato ai corsisti cosa pensavano del mio cane, la risposta fu “EDUCATO”: il cane per essere educato non deve essere addestrato, ma deve avere fatto sue determinate competenze comportamentali, la sua educazione è data dalla relazione sociale che ha sviluppato con l’essere umano.
Per cui tutto il lavoro basato sull’educazione cooperante non è strettamente di tipologia addestrativa, ma si basa su capacità empatica, conoscenza etologica, competenze comportamentali ed esperienziali adatte in funzione del contesto ambientale e sociale.