L’uso, ma anche l’abuso, di antiacidi è molto diffuso nella medicina veterinaria. Si assumo occasionalmente per banali bruciori di stomaco, dopo strapazzi alimentari o come vera e propria terapia nel caso del famigerato reflusso gastroesofageo, nelle gastriti e nelle ulcere.
Questi farmaci dovrebbero essere assunti per brevi periodi, con momenti di sospensione. Spesso, con l’interruzione della terapia, si va incontro a un drammatico effetto rimbalzo, cioè lo stomaco riprende a bruciare più di prima.
L’acidità è necessaria per la digestione del cibo e l’assimilazione dei nutrienti in esso contenuti e, più in generale, condiziona il funzionamento di tutto l’intestino, flora compresa. L’acidità dello stomaco, che può raggiungere anche un valore di pH pari a 1.5, è anche necessaria per sterilizzare gli alimenti, che potrebbero nascondere microbi offensivi.
I farmaci che causano i maggiori problemi sono gli inibitori della “pompa protonica”, cui appartengono molecole come l’esomeprazolo, lansoprazolo e omeprazolo. Minori rischi darebbero gli inibitori H2, come la cimetidina e la famotidina.
Ѐ noto che gli antiacidi interferiscono sull’assorbimento di altri minerali: magnesio, rame, ferro, zinco, cromo, selenio, manganese, vanadio, molibdeno, cobalto e molti altri numerosi elementi traccia. Inoltre, senza una sufficiente produzione di acido clorodrico, che a sua volta attiva la pepsina, le proteine non possono essere adeguatamente digerite e alcuni aminoacidi potrebbero diventare carenti. Dimentichiamo troppo spesso che le ossa sono fatte anche di proteine! Una ridotta acidità gastrica influenza anche l’assorbimento dell’acido folico.
La marcata soppressione dell’acidità gastrica indotta dall’omeprazolo provoca, per riflesso, ipergastrinemia. La gastrina è secreta dalle cellule G dell’antro pilorico e del duodeno in risposta all’acidità del contenuto gastrico: la produzione di gastrina aumenta quando l’acidità diminuisce e viceversa. In condizioni d’ipergastrinemia si registra un effetto trofico sulle cellule enterocromaffini localizzate sul fondo dello stomaco; negli animali da laboratorio, la proliferazione di questo tipo cellulare ha portato alla formazione di carcinoidi gastrici. I livelli ematici di gastrina si normalizzano nel corso delle prime due settimane successive all’interruzione della terapia.
Concentrazioni elevate di gastrina stimolano la secrezione d’insulina, il rilascio di pepsinogeno da parte delle cellule peptiche e il riempimento della cistifellea; diminuiscono, inoltre, il tono della cistifellea e favoriscono il già ricordato sviluppo della mucosa gastrica.
In alcune razze predisposte, specie in quelle molossoidi, brachicefale, Boston Terrier, Carlino, Bulldog o Boxer, l’ispessimento della mucosa gastrica causata da un abuso di antiacidi (con conseguente ipergastrinemia) può creare ispessimenti del piloro, con alterato rilascio della valvola e conseguente ritardato svuotamento: spesso il cane, dopo alcune ore, rigetta il cibo e tenta poi di rimangiarselo.
La terapia nelle gastriti croniche consiste in una dieta facilmente digeribile, nell’abolizione del cibo secco, in pasti frazionati durante la giornata, nella riduzione dell’eccesso di acidità con prodotti come l’argilla o fitoterapici, nell’evitare l’uso e abuso di fans e farmaci che alterano lo svuotamento gastrico, nella riduzione dello stress con fitoterapici, nel miglioramento della mucosa gastrica con l’aloe, micoterapia e l’aggiunta di enzimi digestivi nelle gastriti atrofiche su base autoimmunitaria. Inoltre, è bene ricordare che spesso le gastriti si accompagnano ad atopie e intolleranze alimentari: in tal caso, occorre modulare il sistema immunitario responsabile delle infiltrazioni della parete gastrica con ispessimenti.
Dott. Alessandro Prota
Gastroenterologo Veterinario Esperto in Medicina Naturale
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