Ci piaceva l’idea di dar seguito alla nostra inchiesta con un ulteriore dibattito cinotecnico sull’uso del beeper di cui -a nostro parere- prima o poi si dovrà venir a una decisione, perché parlarne è bello, ma non è l’unico argomento e sinceramente non credo che meriti anni di discussioni. Ricevuto quindi il pezzo di Piero Frangini -che qui sotto riportiamo- eravamo abbastanza felici di poter restare in argomento e dar fondo a tutti i punti di vista, con analisi anche abbastanza approfondite. Non dello stesso parere son state le due persone contro cui alle quali Frangini si rivolge, che si son sentite -anche forse un po’ volutamente- fraintese e strumentalizzate in quanto non si son mai dichiarate “visceralmente contrarie” all’utilizzo del beeper. Sia Coti Zelati che Donatucci (insieme anche a Libero Zagni, che però appartenendo ad un’altra categoria probabilmente non è stato coinvolto) hanno preferito sollevare delle perplessità, piuttosto che esprimersi favorevoli tout court. Anche per loro il beeper resta uno strumento eccezionale a disposizione di chi caccia, un po’ meno di chi seleziona, richiedendo particolari attenzioni nel suo uso e nel giudizio del cane che lo indossa. Donatucci ci ha mandato una e-mail di replica che confermava quanto da lui precedentemente espresso e, non cambiando di una virgola il suo pensiero, ci ha comunicato che non aveva nulla da aggiungere. La risposta di Coti Zelati la pubblichiamo di seguito all’analisi di Frangini. Il nostro pensiero è che è vero che si dovrà prima o poi venirne a capo, perché parlarne in questo caso non risolve, ma è anche vero che la decisione spetterà al comitato tecnico dell’Enci; queste restano opinioni divergenti di esperti. Ad ognuno la sua ragione, è solo un peccato che a volte non si riesca a rispettare il punto di vista diverso dal proprio. A quanto pare la cinofilia non è passione che unisce! Erica Recchia Sul numero 02/2010 del Notiziario della Sis è apparso un intervento di Vittorio Donatucci che ripropone quanto da lui sostenuto in occasione di uno dei simposi svoltisi a Lazise qualche anno fa. Sul numero di febbraio della Gazzetta della Cinofilia, Coti Zelati ricalca quasi del tutto i pareri contrari espressi da Donatucci. Sono convinto che l’avversione verso l’uso del beeper nelle prove a beccacce nasca dalla poca conoscenza dell’uso pratico di questo strumento e dal fatto che molti non hanno capito (o fanno finta di non capire) che il beeper non deve sostituire il campano bensì entrare in funzione dopo vari secondi che il cane, fornito di tali accessorio, è in ferma, restando fermo l’obbligo dell’applicazione del campano. Capita infatti di veder presentare dei cani, in prove a beccacce, senza campano. Non sapendo dove quelle povere bestie siano condotte a caccia dai loro proprietari, mi astengo da ulteriori commenti, salvo l’affermare che un cane da bosco che non sopporti un campano, equivale a un cacciatore che non sopporti di portare un fucile. Le molte affermazioni che Donatucci e Coti Zelati portano a sostegno della loro viscerale avversione all’uso del beeper mi trovano in quasi totale disaccordo e quindi non trovo di meglio che controbatterle punto per punto. Vittorio dichiara che la diatriba “beeper sì – beeper no” non avrebbe più ragion d’essere, poiché altre diavolerie elettroniche permettono la localizzazione dei cani, tra l’altro in perfetto silenzio, anche a chilometri di distanza. Questo è semplicemente osceno ed esula da qualsivoglia forma di caccia rispettosa di certe regole e mi meraviglia che il mio amico l’abbia preso in considerazione. Stiamo parlando di prevedere l’uso del beeper in prova: tutte le altre vigliaccherie messe in atto per uccidere beccacce non ci dovrebbero interessare. La favoletta del “Cartello” per la salvaguardia della tipicità del cane da becccacce fa sorridere poiché sostenuta da certuni che hanno pubblicizzato oltremisura la caccia a questo selvatico, azione responsabile dell’abnorme diffusione della persecuzione venatoria (perché di questo si tratta) verso questo prezioso animale.