Piccola necessaria premessa che mi sento in dover di fare prima di cimentarmi in questo delicato argomento! Penso che il desiderio di possedere un cane di “RAZZA” non sia qualcosa di mostruoso, moralmente ed eticamente inaccettabile per chiunque abbia una coscienza animalista, e la possibilità di poter appagare questo desiderio è un DIRITTO INALIENABILE!
Cionondimeno, quella dell’adozione di un cane – anche non di razza – tra le migliaia che affollano i canili, bisognosi di una sistemazione e di trovare nel rapporto con l’uomo-proprietario l’unica via per dare un significato alla propria dimensione di cane, è una possibilità che andrebbe considerata e, di là dal significato, potrebbe risultare premiante, capace di regalare pari soddisfazioni, ma forse un pizzico di emozione e complicità in più.
Fatta questa premessa doverosa, addentriamoci ora su quello che ritengo debba essere un corretto e consapevole iter di avvicinamento alla scelta di accogliere un cucciolo di razza in casa senza trascurare nella maniera più assoluta, ma anzi ponendola come presupposto, una riflessione ponderata, approfondita su quale razza e sul perché sia necessaria una conoscenza delle caratteristiche, non solo fisiche, ma – anzi e soprattutto – comportamentali e caratteriali, delle inclinazioni, del repertorio motivazionale della stessa, domandandoci, in primis, se le nostre condizioni e abitudini di vita possano risultare adeguati a questi parametri, prima ancora di confrontarci con ogni affinità di gusto estetico e con i vari trend del momento…
IL CUCCIOLO UN IMPEGNO DI RESPONSABILITÀ
Se vi accingete ad accogliere un cucciolo in casa, dovrete prima sinceramente e seriamente esservi chiesti se siete in grado di poter corrispondere alle attenzioni di cui lui necessita quale CUCCIOLO, alle esigenze che in seguito, comunque, richiederà quale CANE e all’impegno che questo comporta, un impegno che andrà mantenuto per almeno, ci auguriamo, una decina di anni. Noi dovremo rappresentare sin da subito per il cucciolo il referente cui lui dovrà trovare conforto, sicurezza e RISPOSTE! Sarà necessario, e questo comporta un certo cosciente impegno, dimostrarsi capaci e disponibili nel corrispondere alla sua innata esigenza di chiara organizzazione che gli garantisca sicurezza. Ѐ inutile negare che il cane sia un animale sociale e ogni forma di socialità prevede una struttura organizzata con dei ruoli ben precisi, delle competenze e dei livelli di posizionamento: questo con buona pace di un certo tipo di benpensanti che rifuggono dall’uso che certe parole hanno nel contesto storico-sociale umano, come la GERARCHIA. Il cane ha delegato a noi umani la responsabilità di organizzare la propria vita, di essere i referenti dell’adeguatezza dei suoi comportamenti, coloro che, proprio perché ogni tipo di organizzazione lo prevede, sapranno porre delle regole capaci di apparire funzionali al miglioramento del suo inserimento nel nuovo contesto famigliare e fargli apprendere quei comportamenti che corrispondono ad acquisizioni necessarie a chiarire il suo ruolo, le sue competenze al fine di ottimizzare la sua vita sociale e la sua sopravvivenza psico-fisica nel migliore dei modi. Queste caratteristiche – o, se vogliamo, capacità – sono quelle che susciteranno nel cucciolo uno spontaneo riconoscimento di autorevolezza: in questo senso credo sia corretto parlare di LEADERSHIP. Insisto sul fatto che questo status ci viene riconosciuto dal cucciolo in funzione di manifeste dimostrazioni di capacità, di garanzie di coerenza e chiarezza e non attraverso brutali dimostrazioni di forza! Affinché avvenga un reale processo di apprendimento, è necessario prevedere la partecipazione attiva del cucciolo, cui sarà necessario, in primis, riconoscere una capacità riflessiva e operativa e nei cui confronti noi dovremo rappresentare la guida, il referente (altre caratteristiche necessarie a fare di noi l’autentico LEADER). In questi termini il proprietario, eventualmente supportato e dotato degli adeguati strumenti didattici, sarà, di fatto, il vero educatore del proprio cucciolo, colui che sarà responsabile della realizzazione del bon ton dell’URBAN DOG! Questo lavoro impone al proprietario, in primo luogo, la capacità di gestione coerente, funzionale e rispettosa delle sue prerogative (cibo, gioco, socialità). Ciò impone – come detto – la necessaria introduzione di alcune regole che, in questi termini, risulteranno ben accette: nessun cane ama l’anarchia e il totale permissivismo è fonte di confusione! Una sequenza comportamentale il cui obiettivo sia chiaro e si svolga in maniera strutturata mediante acquisirà un significato funzionale che, grazie a una sua ripetitività e all’introduzione nella gestione delle prerogative abitudinarie, entrerà a far parte del repertorio praticato e praticabile del cucciolo
E CUCCIOLO SIA, MA…QUALE RAZZA?
Fino a questo punto il discorso potrebbe essere piuttosto generico e, con un minimo d’impegno, facilmente realizzabile senza alcun tipo di distinzione.
Ben presto le cose potrebbero complicarsi, al punto da mettere completamente in crisi la nostra scelta se fatta in modo piuttosto estemporaneo.
Innanzitutto, se è pur vero che non esistono razze “pericolose o cattive a priori”, ciò non deve far indulgere nell’equivoco che tutte le razze siano uguali, senza ammettere che esistono razze più impegnative dal punto di vista gestionale e che richiedono un proprietario già formato da pregresse esperienze e provate capacità. Non credo di poter essere tacciato di eresia, se dico che esistono razze che NON SONO PER TUTTI! Mi riferisco in questo senso a certe razze molossoidi che, proprio in funzione delle loro doti caratteriali – se vogliamo un po’ estreme in certi attributi – richiedono un certo tipo di proprietario capace di disciplinarle! Ma se questo fenomeno sta, in virtù di un’apparente acquisizione di buon senso, riducendo la sua portata, cionondimeno il problema di una scelta non indicata alle nostre dinamiche – per altri motivi – si sta rivelando una tendenza che registra una notevole portata con conseguenze spesso drammatiche: la rinuncia al peloso perché assolutamente incompatibile con le caratteristiche della nostra dimensione di vita! Anche in questo caso, il tutto parte dall’acquisita evidenza che le razze non sono tutte uguali, ma se prima il problema si poneva in termini di quantità di espressione di quelle che la cinofilia tradizionale indica essere le doti caratteriali del cane, ora il problema rimanda alla dimensione etologica della singola razza.
Ogni specie è definita da un suo repertorio motivazionale, ovvero da diverse tendenze o inclinazioni. Di fatto, un cane sarà diverso da qualsiasi altro animale ed è così per ogni specie, in funzione dei suoi orientamenti, delle sue predisposizioni, se vogliamo dei suoi interessi, insomma per ciò che è portato a fare e attraverso la qual cosa riceve una gratificazione.
Se questo è vero in maniera eclatante a livello di specie, nelle varie razze di cane che fanno capo a un’unica specie l’entità del problema sembrerebbe comunque circoscrivibile e generalizzabile. In realtà, così non è perché il discorso selettivo attraverso il quale le singole razze si sono originate, ha prodotto, proprio in funzione del tipo di lavoro che queste erano chiamate a fare, l’amplificazione, piuttosto che la riduzione di determinate attitudini, cosa che si riflette nel maggior peso di ogni singola motivazione per ciascuna razza. Proprio attraverso ciò noi saremo in grado di individuare l’identità e, genericamente, le propensioni comportamentali di ciascuna razza e a diversificarla dal punto di vista comportamentale, vocazionale e motivazionale da un’altra. Il problema acquisisce un altro significato alla luce del fatto che nella maggior parte dei casi, con l’esclusione di quelle poche razze che si riconoscono come propriamente da compagnia, il nostro cane urbano mal si adatta a essere relegato al ruolo di animale da compagnia, difficilmente potrà accettare serenamente come sua unica occupazione sociale quella di starsene in panciolle, il cui unico impegno e il solo ruolo sia quello di essere nostro “amico” e di farci compagnia. Nella maggior parte delle razze – in alcune in maniera particolare – il cane rivendicherà un ruolo socio-collaborativo basato sulla memoria di razza che si conserva nei termini del lavoro che originariamente era stato chiamato a fare (vi posso garantire che i nostri cani urbani non sono geneticamente così distanti dai loro antenati che lavoravano e attraverso questo ottenevano una propria realizzazione).Siccome è molto improbabile garantire al cane urbano la possibilità di fare un lavoro, la parola LAVORO andrà sostituita con ATTIVITÀ! Ѐ impensabile negare questa prerogativa al cane, pena un soggetto depresso, spesso causa di problemi comportamentali fino al caso dell’insorgenza di vere proprie patologie e disturbi del comportamento e della psiche. Solo garantendo al cane la sua necessaria e appropriata dose di attività, garantiremo al nostro amico il suo benessere psico-fisico e creeremo i presupposti del cane sereno e non problematico.
Ho parlato di “necessaria e appropriata” quantità di attività proprio perché, in funzione delle caratteristiche originarie e attitudinali del cane che si traducono in un maggiore o minore volume di determinate motivazioni e inclinazioni, ogni razza avrà in questo senso le sue esigenze e i suoi bisogni. E proprio con la conoscenza di queste caratteristiche, il potenziale proprietario dovrà confrontarsi e verificare se quanto può offrire al cane in termini di tempo, abitudini, dimensione e stile di vita sia compatibile con le esigenze della razza che avrebbe designato come quella più gradita.
Credo che qualche esempio non guasti per chiarire in maniera esplicita quanto sto cercando di dire.
Prendiamo, per esempio, Il Golden Retriver, cane molto dotato, adattissimo alla famiglia, con un’innegabile propensione motivazionale alla socialità e a un rapporto stretto e quantitativo con il proprietario. Ecco, quindi, che se io disponessi per lui di una sistemazione con un ampio parco, ma la mia vita mi costringe a periodi di assenza o, comunque, possibilità di dedicargli solo ritagli di tempo, il Golden non sarà il cane più adatto per me, finirebbe per soffrire questa situazione rischiando apatia e depressione. Viceversa il Golden felice richiede tempo in cui, attraverso il gioco, – motivazione che in questa razza rivela un potere motivazionale irresistibile – potrà godere di un intenso rapporto relazionale con il proprietario.
Immaginiamo che io sia un tipo sedentario e poco dinamico, poco incline all’attività outdoor. Per quanto possa piacermi esteticamente un Amstaff non farà al caso mio, meglio sarebbe un Bulldog.
Impensabile non poter garantire a un Border Collie la possibilità di praticare, con una certa frequenza, un’attività a forte componente “atletica”, ma chiaramente motivata (si può spaziare tra varie possibilità vista la sua versatilità) che possa corrispondere alla memoria di razza di un gran lavoratore con uno spiccato affiatamento e desiderio collaborativo con il conduttore. Negargli questo significa avere in casa una fonte energia adrenalinica che non ha altra via di sfogo, se non quella di comportamenti distruttivi o la depressione. Mai sottovalutare un Jack Russel: prima di tutto sarà bene porre dei chiari, ma fermi paletti nei confronti di un tipetto tendenzialmente prevaricatore e con una fortissima autostima. Sarà poi necessario impegnarlo a fondo sia in esercizi sia in attività che, pur proponendo un percorso didattico, lo inseriscano in un contesto a forte attivazione motivazionale.
Per lui, come per altre razze brillanti intellettivamente e vivaci a livello comportamentale, non ci si può permettere di lasciare spazio alla possibilità che si annoi.
Per concludere, la nostra scelta non dovrà mai essere influenzata dal trend del momento e il possedere un cane di una determinata razza non potrà mai essere interpretato come una possibile dichiarazione di STATUS. Inoltre, non può e non deve essere una scelta superficiale, improvvisata e solamente estetica: richiede un approfondimento su quelle che sono le caratteristiche non solo fisiche, ma anche CARATTERIALI E COMPORTAMENTALI di quella razza e, di conseguenza, delle sue particolari esigenze. La nostra dimensione e le nostre abitudini di vita sono compatibili e adeguate? Solo una cosciente e oggettiva disamina che si risolva in una consapevole affermazione nei confronti di questa domanda, legittimerà la bontà e la reciproca soddisfazione di una scelta “impegnativa”.
AIUTO…Ѐ ARRIVATO IL CUCCIOLO!
Eccolo, sta arrivando…è qui! Comportamenti tipici: agitazione, entusiasmo incontrollato e comportamenti frenetici, eccesso di attenzione, etc. Tutto sbagliato: la parola d’ordine è CALMA!
Eh sì, perché in maniera maggiore o minore, secondo quell’attributo caratteriale che si definisce tempra, ha vissuto e sta vivendo un’esperienza, comunque, traumatica che implica una forte componente di stress. Ѐ stato prelevato dall’ambiente conosciuto, dove anche grazie alla presenza di mamma e fratelli aveva acquisito una serie di garanzie circa la sua sopravvivenza, stabilito dei riferimenti precisi, aveva sotto lo sguardo confortante e rassicurante della mamma iniziato l’esplorazione dell’ambiente, esponendosi a un sempre maggiore numero si stimoli cui stava cominciando ad acquisire la capacità di sviluppare processi di adattamento comportamentale. La sua vita, nonostante qualche piccola doverosa esperienza negativa, qualche legittimo rimprovero da parte di mamma, si svolgeva tranquilla e serena.
Ora si trova sbalzato in un ambiente completamente nuovo, sicuramente diverso, dove mancano tutti quei riferimenti che gli garantivano sicurezza, sostituiti da figure, magari non spaventevoli, ma sicuramente non conosciute. Ci manca solo che queste persone, invece, di aiutarlo a ritrovare serenità e sicurezza, contribuiscano alla sua agitazione. Anzi proprio da subito, in questa fase così delicata, noi potremo porre le basi per apparire agli occhi del cucciolo figure rassicuranti, convincenti, assertive, capaci di dargli segnali tranquillizzanti. I primi step per diventare la figura di riferimento che abbiamo descritto all’inizio dell’articolo. Questo NON SIGNIFICA AFFATTO che si debba inondare il cucciolo di attenzioni, seguire ogni suo movimento, assillarlo con continui richiami: tutto ciò risulterebbe sospetto ai suoi occhi, potrebbe diventare motivo per legittimare le sue paure e le sue insicurezze. Quindi, lasciamogli la possibilità di prendersi i suoi spazi e i suoi tempi, lasciamogli la possibilità di fare la prima cosa che si sente di fare: esplorare il nuovo ambiente. Durante questa fase, cerchiamo di mantenere un certo distacco, una forma di ci sono-non ci sono, di presenza-assenza e interveniamo solo quando dovessero manifestarsi segnali di vera crisi. Attenzione, questo non si deve tradurre in atteggiamenti protezionistici, tipo prendere in braccio il cucciolo e soffocarlo di coccole, ma piuttosto di cercare di attrarre la sua attenzione e di proporgli qualcosa di distraente e coinvolgente!
Ricordiamoci che il cucciolo di 70 giorni si trova nel pieno di quel periodo che impone la sua esposizione al maggior numero di stimoli, al fine di avere la possibilità di elaborare la capacità di fornire risposte adattative. Cerchiamo, nei limiti di sicurezza e buon senso determinati dal completamento del ciclo vaccinale, di offrire al cucciolo la maggior possibilità di esplorazione dell’ambiente esterno con qualche primo iniziale contatto con altri cani, magari anche adulti, da noi conosciuti e ritenuti sicuri dal punto di vista sanitario.
Una certa dose di attenzione dovrà essere attribuita al rapporto con i bambini e viceversa, per il quale spesso si renderà necessaria un’operazione di controllo e regolamentazione su entrambi i fronti. In effetti, molto spesso sarà necessario “educare e disciplinare” il bambino al corretto approccio al cucciolo, proprio perché quello istintivo, fortemente eccitatorio soprattutto nei momenti di grande entusiasmo che il nuovo arrivo ha suscitato, potrebbe produrre risposte scorrette e inadeguate da parte del cucciolo, che correrebbero il rischio anche di diventare pericolose! Di fatto, per il cucciolo il bambino non dovrà acquisire la dimensione di un “gioco” (eventualmente quella d’ispiratore di giochi, in cui sia ben chiaro un target come una pallina o altro), ma altrettanto il cucciolo non dovrà rivestire per il bimbo la funzione di un gioco. Da parte del bimbo l’approccio dovrà essere calmo e controllato, proponendosi al cucciolo in maniera da suscitare una risposta esplorativa e altrettanto controllata e gestita sulle basi dell’autocontrollo. Anche in questo caso occorrerà verificare che il livello di attivazione – AROUSAL – non trascenda, pena l’interruzione del contatto. Anche nel caso del numero di bambini presenti in casa, della loro età e delle loro caratteristiche, è necessario valutare quale razza si renda più adatta dovendo giocoforza – in nome del buon senso – escluderne alcune.
Sicuramente sin da subito – in maniera non drastica, ma lavorando soprattutto su un’arma di cui possiamo legittimamente avvalerci, ovvero IL CONVINCIMENTO – sarà il caso di stabilire le prime regole circa abitudini, spazi e tempi. Ricordiamo che in termini di educazione del cucciolo, proprio in riferimento al suo citato bisogno di organizzazione e a una certa predisposizione per l’abitudinarietà, la COERENZA deve essere un MUST. Quello che è si oggi continuerà a essere tale. Quello che è no, non potrà diventare nemmeno un nì.
Cominciamo quindi dalle regole relative alla somministrazione della ciotola. Diversamente da quella dell’acqua, che sarà presente e rinnovata per tutto l’arco della giornata, quella del cibo farà la sua comparsa 3 volte al giorno nel cucciolo di 60/70 giorni e cosi si manterrà fino ai 4/6 mesi a seconda della tipologia del cane. Ho detto farà la sua comparsa, intendendo che a orari stabiliti e piuttosto regolari anche nell’ottica di una ripartizione temporale, la ciotola verrà servita (possibilmente osservando quella routine di cui abbiamo parlato in altra sede) e lasciata a disposizione per un tempo di circa di 10 minuti. Passato questo periodo, la ciotola andrà rimossa indipendentemente dalla quantità di cibo consumato e ripresentata al successivo giro. Un cane mangia per NUTRIRSI, per fare fronte a una sua esigenza. Se non lo fa, sarà semplicemente, perché in quel momento non ha particolare appetito. Niente di preoccupante e niente che giustifichi un nostro intervento per stimolarlo a mangiare, introducendo ghiottonerie varie nella sua razione. Così facendo, introdurremo due elementi innaturali che contribuisco a rendere il cane viziato: mangio solo se una cosa mi piace e se non mi piace basterà che io mostri disinteresse perché mi venga elargito qualcosa di più appetitoso. Non cediamo a questo ricatto, ci metteremmo nelle condizioni di subire i “capricci del cane” di cui noi siamo stati l’origine e che, per altro, interferiscono in maniera negativa sull’aspetto nutrizionale. Solo se l’inappetenza dovesse protrarsi per più giorni, allora la cosa potrebbe rivelare qualcosa di più grave e il ricorso al consulto veterinario si renderebbe necessario. Riguardo a dove servire la ciotola, scegliamo un posto magari appartato e comodo per l’eventuale pulizia, adiacente alla zona acqua: quello sarà e rimarrà l’angolo cibo!
Per quanto riguarda la quantità, ogni marchio – relativamente al prodotto specifico per una determinata tipologia e in funzione della sua età – vi fornirà delle indicazioni di massima. Si tratta d’indicazioni generiche che non possono prevedere le specifiche personali esigenze metaboliche del singolo soggetto. Sarete voi a dover verificare se la quantità che somministrate è corretta. Per farlo, valuterete lo stato di forma del cucciolo usando un vecchio metodo, a mio avviso ancora attuale: passando le dita lungo il costato del cucciolo, con una minima pressione delle dita dovreste sentire le costole: se per avvertirne la presenza dovrete esercitare una pressione decisa, allora il cucciolo tende al grasso, per cui riducete.
Tenete, comunque, presente che in funzione dell’andamento della curva di crescita, di settimana in settimana fino a una cera età, è previsto un aumento della quantità.
Altro argomento da affrontare sarà quello di dove destinare la zona notte del cucciolo. Personalmente sono piuttosto contrario a consegnare al cane parte del nostro letto. Questo non tanto per quelli che nella maggior parte dei casi sono aleatori e superati “motivi gerarchici”, quanto perché ritengo che il cane debba avere uno spazio suo da destinare al riposo e gestire in maniera autonoma. Ecco, quindi, l’idea di provvedere all’acquisto di una cuccia (se non addirittura di un kennel, che potrebbe rivelarsi utile e appropriato in varie situazioni), nei cui confronti useremo il già citato potere di convincimento, magari sostenuto dall’uso di giochi o altri elementi particolarmente cari e significativi per il cane, per renderla di suo gradimento. Dove posizionarla. Sicuramente in un luogo appartato (un po’ di privacy è ben accetta) lontana da fonti dirette di calore…e questo ok! In particolare dove, in quale stanza? In questo senso non credo ci siano suggerimenti tecnici, ma tutto deve risolversi in funzione delle vostre abitudini ed esigenze. Un’unica piccola contraddizione rispetto al discorso della coerenza: nel caso decidiate di posizionare la cuccia in un luogo lontano dalla presenza di altri membri della famiglia, in una particolare stanza, magari fatelo in termini graduali. Essere chiuso da solo la prima notte, in un ambiente nuovo, privato anche della presenza rassicuratrice di quegli umani con cui ho già iniziato uno spontaneo e necessario percorso di attribuzione di fiducia e desiderio di interazione sociale, potrebbe essere uno stress troppo grosso tale per cui lamenti, abbai o guaiti che siano, non possono essere semplicemente catalogati come un malcontento che si esprime in forma di richiesta di attenzione, ma sono sintomo di un disagio profondo che preclude la possibilità di un sano riposo assolutamente necessario dopo una giornata tanto impegnativa. Nei giorni successivi, quando avrà acquisito maggiore sicurezza, stabilità e serenità, procediamo con un graduale allontanamento verso il luogo destinato.
Ci sono poi altre due elementi, nei cui confronti il neo proprietario si mostra spesso sensibile e preoccupato, su cui sarà necessario iniziare a lavorare appena il cucciolo avrà messo piede nel suo nuovo ambiente.
Il primo fronte è quello dell’educazione al luogo dei bisogni, ovvero il corretto comportamento eliminatorio.
Nel cucciolo giovane la capacità di controllo dell’evacuazione è molto limitata a fronte di un’elevata frequenza del bisogno. Ѐ ormai quasi del tutto di dominio pubblico che gli interventi correttivi (quelli predicati dai sedicenti esperti del tipo: uso del giornale per punirlo, mettergli il muso dentro…) nei confronti dell’incidente “già avvenuto” sono spesso maldestri, frequentemente responsabili di suscitare un quadro ancor più confusionale che può tradursi addirittura nel convincere il cucciolo di non fare i bisogni in presenza del proprietario e, quindi, nemmeno durante le passeggiate, salvo poi farli di nascosto in casa o proprio quando è solo. Viceversa, sarà molto utile intervenire tempestivamente quando il cucciolo dichiara l’intenzione di voler espletare i bisogni. In questo senso siamo facilitati dal sapere che si possono individuare un certo numero di situazione successivamente alle quali il cucciolo è stimolato: risveglio, pasti, gioco. Inoltre, osservando il cucciolo, saremo presto in grado di riconoscere alcuni comportamenti che preludono l’espletazione del bisogno: tipico è l’assumere una posizione accosciata e la rotazione su se stessi. In queste situazioni dobbiamo essere preparati a indirizzare fisicamente il cucciolo nel luogo adibito e nel caso dell’osservazione dei segnali premonitori, bloccarlo semplicemente sollevandolo e lì trasportalo. Il buon esito – vuoi organizzato, vuoi casuale – va sempre connotato positivamente con un rinforzo. Inoltre, qualora i bisogni siano fatti all’esterno, mai imporre il rientro immediatamente dopo. Questo potrebbe risultare penalizzante e indurre il cane a trattenersi perché ha stabilito associazione sgradevole bisogni fatti = rientro: meglio far passare un po’ di tempo, magari premiando lo con un momento di gioco.
In riferimento anche a questo problema, ritengo sia controindicato il consiglio di tenere isolato il cucciolo in casa fino al completamento del ciclo vaccinale. Questo perché, come detto, il cucciolo sta attraversando un periodo fondamentale per la sua formazione caratteriale e sociale che dovrebbe essere arricchito dall’esposizione al maggior numero di stimoli possibili, potendo sfruttare una sua irripetibile disponibilità e ricettività. Per quanto riguarda l’aspetto sociale, la mancanza di possibilità relazionali crea i presupposti per un eventuale deficit che potrebbe rivelarsi molto significativo per il corretto sviluppo sociale. Il mio consiglio è di individuare una zona – che potrebbe essere, per esempio, il giardino condominiale – che offra la possibilità d’incontro/confronto con altri cani della cui situazione sanitaria siamo sicuri. Considero molto utile e funzionale, in tal senso, la frequentazione di puppy class organizzate dai maggiori centri cinofili, dove, per altro, la socializzazione è coordinata, mirata e controllata in un ambito di sicurezza sanitaria.
L’uso della traversina, come luogo dove indirizzare e localizzare l’espletamento dei bisogni in casa, andrebbe a mio avviso limitato e reso accessorio.
Un ultimo aspetto da non trascurare sin dall’inizio è di creare i presupposti e iniziare il percorso per abituare il cucciolo a stare da solo. L’obiettivo è di mettere il cucciolo in una condizione per cui possa vivere uno stato di tranquillità ed equilibrio emotivo anche in nostra assenza, gestendosi in maniera autonoma. Ciò deve avvenire con un’estrema gradualità impegnandosi a evitare, per eccesso di rigidità o errori di valutazioni delle tempistiche, di metterlo in una condizione emotiva di ansia ingestibile, che deve trovare un possibile risposta sostitutiva con comportamenti decisamente problematici: abbai e ululati, distruttività, volontaria espletazione dei bisogni, come conseguenza di uno stato di agitazione che ne impedisce il controllo o come conseguenza di nervosismo e conseguenti comportamenti che sollecitano l’evacuazione.
Inoltre, dobbiamo considerare che, nonostante il sonno rappresenti il 70% dell’occupazione del cucciolo, questo non avviene in maniera continuativa ed è impensabile imporre al cucciolo periodi troppo estesi di mancanza di possibilità relazionali. Pertanto, se non saremo in grado a causa dei nostri impegni di poter spezzare i periodi di “solitudine, dovremo considerare di avvalersi della collaborazione di un sitter il quale dovrà essere preparato a livello professionale affinché la sua mansione risulti efficace nell’ottimizzare i tempi in termini di attività motivazionali coinvolgenti e gratificanti anche se impegnative.
A livello pratico la prima cosa di cui dovremo convincere il cucciolo, il messaggio che gli proporremo è che all’allontanamento e magari temporanea scomparsa dei proprietari corrisponderà sempre un loro ritorno, che alla chiusura di una porta significa implicitamente, ma sicuramente una prossima riapertura.
Purtroppo la tendenza è quella di organizzare l’arrivo del cucciolo o durante il week end o in coincidenza di un periodo di vacanza per praticare una full immersion sul cucciolo, rendendolo oggetto di attenzioni esagerate e spesso, come già detto e ribadibile anche per questo aspetto.
Di fatto, si rischia che da un giorno all’altro il cucciolo si trovi veramente nella condizione di essere lasciato da solo del tutto impreparato.
Ѐ opportuno, invece, anche in nostra presenza, ma senza attribuirgli attenzione (presenza-assenza), garantire al cucciolo una buona dose di autonomia nel fare delle cose, magari nell’ambito della motivazione ludica – kong o strumenti concettualmente affini – o in quella alimentare, senza necessariamente richiedere la nostra stretta presenza fisicamente a lui dedicata, per convincerlo di potere e sapere fare delle attività e gestire determinate situazioni in maniera indipendente da noi. Questo contribuirà all’acquisizione di una maggiore dose di autostima, di cui potrà avvalersi nei momenti di difficoltà quando si troverà solo. In questi termini, si rende necessario rispettare i suoi tempi, per esempio, garantendogli la possibilità di momenti di riposo o di gestione autonoma del proprio tempo. L’ANSIA DA SEPARAZIONE rappresenta un problema tra i più diffusi, complicato da vari fattori e situazioni e come tale meriterà una trattazione specifica.
La mia intenzione in questo paragrafo è stata quella di suggerire ai neo-proprietari indicazioni mi auspico utili per gestire al meglio l’arrivo del cucciolo e fornire le basi per iniziare con la marcia giusta il successivo percorso educativo.
Michele Raffaelli