Il mio cane in vitalizio... perchè non ci crediamo
17 maggio 2013
5 min

Il mio cane in vitalizio... perchè non ci crediamo

cura
Può capitare, e capita, che un proprietario non possa più tenere il suo cane. Ci sono molti motivi, non ultimo dei cambiamenti importanti di vita da parte di chi aveva scelto di condividerla con un quattro zampe e poi si trova improvvisamente a dover scegliere, anche di rinunciare al suo compagno peloso perché ha perso la casa, il lavoro, la moglie o il marito e il cane diventa un membro della famiglia al quale non si riesce più a garantire l’assistenza e attenzione minima alla quale lo si era abituato.

Poi capita, anche, che accadano eventi spiacevoli, che il cane subisca dei traumi o li faccia subire a membri della famiglia o a estranei, e che l’affidamento a terzi sembri l’unica strada praticabile per uscire da una situazione divenuta insostenibile. Come terza opzione ci sono proprietari che muoiono e che non hanno nessuno che si prenda cura del loro beniamino. Quarta opzione: quelli che rinunciano al cane per mille e svariati motivi che non vale nemmeno la pena di elencare, tanti e quanti sono spesso fantasiosi e penosi quelli che certi umani riescono a inventare pur di liberarsi dell’ex amico a quattro zampe.

Personalmente consiglio sempre, prima di tutto, di rivolgersi a un educatore o a un comportamentalista, o a tutti e due. Non ci sono problemi insormontabili con un cane e di strade da battere prima di arrivare a sistemare il cane in vitalizio ne esistono a josa, e solo se ci poniamo in maniera poco costruttiva nei confronti delle alternative che possono essere trovate, non arriveremo facilmente a una soluzione. Ci si può e ci si deve confrontare con gli addetti ai lavori e non con coloro che sono emotivamente coinvolti nella gestione del cane. 

Per prendere decisioni a favore del cane, occorre essere nei….peli del cane. Il che significa guardare il mondo dalla sua prospettiva e riuscire a individuare ciò che per lui – prima di quello che sentiamo e proviamo noi – sarebbe ed è più giusto. Il vitalizio è, comunque, gestito dietro corrispettivo economico, che pur se piccolo e insignificante, resta comunque un corrispettivo in denaro. Non me ne vogliano tutti coloro che praticano tale servizio da anni (tra l’altro ne conosco molti che lavorano coscienziosamente e che vivono di vitalizi, perché lo fanno con spirito di sacrificio e trattano i cani nel migliore dei modi che possono, come se fossero in una grande famiglia), ma a mio avviso il vitalizio dovrebbe essere semplicemente l’anticamera dell’adozione e, quindi, divenire un semplice stallo e non un pensionamento a vita. 

Quello che dico ai proprietari che ogni tanto si rivolgono a me per propormi di prendere in vitalizio il loro cane è che il loro cane ha diritto a essere accolto in un nucleo familiare nuovo, che ne soddisfi le esigenze individuali e che se ne prenda carico in maniera quasi esclusiva. Il vitalizio è solo un modo per non sentirsi troppo in colpa, per mantenere vivo un legame che in realtà non ha più motivo di esistere e per negare in qualche modo al proprio ex cane di “rifarsi una vita”. Ecco il termine giusto per un cane che goda dei benefici dell’adozione è che potrà rifarsi una vita. Altrove, con qualcun altro che lo amerà e che lo farà sentire al centro della sua per (si spera) i tanti anni a venire.

Accogliere un cane in vitalizio significa certo offrirgli molte attenzioni e molte cure, ma anche non poter avere con lui un rapporto esclusivo o basato su quel tipo di contatto che soltanto la familiarità, con tempi, modi, pensieri e azioni di una vera famiglia può e deve poter offrire a un essere vivente che non ha fatto nessuna scelta, ma che dipende in tutto e per tutto da noi. Per questo il mio atteggiamento appare rigido nei confronti di quei proprietari che non ne comprendono le motivazioni profonde, e la mia richiesta di sottoscrivere il modulo di affidamento piuttosto che di vitalizio li lascia spesso spiazzati. Soltanto dopo capiscono il senso di questa mia fermezza e mi ringraziano, sentendosi maggiormente sereni rispetto alla scelta inizialmente più drastica, ma in seguito l’unica a mio avviso vincente.

Il percorso può essere lungo, le famiglie adottanti sono sottoposte a selezioni molto ferree e a continui controlli nei mesi che seguono l’affidamento, ma quel che è certo è che il cane rientra in un nuovo nucleo familiare e riprende le sue abitudini di vita in comune con gli umani, scandite da usi e costumi della famiglia in cui entra e che sceglie di accoglierlo senza compensi. Ѐ psicologicamente uno scoglio più duro da superare, sapere che il proprio cane non è più sotto la nostra responsabilità, ma sta iniziando un cammino che lo porterà lontano da noi in ogni senso, ma questo è quello che il cuore di un cane merita di avere, per onestà e amore nei suoi confronti, per dimostrargli l’affetto, la cura e le attenzioni che nessun vitalizio mai potrà darci indietro, perché alla tendenza di voler sanare le nostre ferite, dobbiamo sostituire quella di voler sanare quelle che del cane.