Qualsiasi cane ha sentito pronunciare almeno una volta nella sua vita la parola “NO!”, ma siamo sicuri che sia stata insegnata nella maniera corretta? Nel repertorio comunicativo del binomio cane-proprietario, la disapprovazione è forse il termine più abusato e incompreso, spesso usato in modo improprio, con effetti completamente differenti, andando dalla totale indifferenza da parte del cane alla reazione di estremo timore e sottomissione, anticipando chissà quale conseguenza drastica per la sua incolumità. Sono due estremi che simboleggiano la medesima situazione: il comando “NO” non è stato insegnato e recepito nel modo corretto.
Le correnti gentiliste più recenti arrivano perfino a eliminarlo, ritenendolo un trauma psicologico per il cane, ma si tratta di un’idea che deriva dal retaggio della vecchia scuola, dove insieme al “NO” veniva aggiunta una punizione fisica. Sono dell’idea che, invece, questo comando possa diventare un prezioso strumento di comunicazione fra cane e proprietario e che sia possibile insegnarlo nel totale rispetto della sua salute e benessere. Dobbiamo entrare nell’ottica che quando usiamo la parola “NO”, non stiamo necessariamente sgridando il cane, ma semplicemente gli stiamo insegnando cosa può fare e cosa invece non è permesso.
Le regole fanno parte del vivere sociale, senza le quali un gruppo d’individui difficilmente può vivere in armonia, mentre se comunichiamo fin da subito qual è la maniera più consona di comportarsi, eviteremo situazioni di fraintendimento e disagio. Cerchiamo, quindi, di vedere la parola “NO” come un indicatore di comportamento, anziché un sopruso per la sua libertà di espressione. Il significato che dobbiamo esprimere nel pronunciarlo deve essere semplicemente “Interrompi subito quello che stai facendo e vieni da me, che saprò indicarti quale comportamento alternativo desidero nella medesima situazione.”
Una regola fondamentale, che purtroppo è spesso trascurata, è quella di far seguire al “NO” un gioioso “BRAVO”, nel momento esatto in cui il cane smette di fare ciò per cui gli abbiamo espresso disapprovazione. Non dobbiamo limitarci a chiudere un’azione (questo creerebbe solo disorientamento e frustrazione), ma sottolineare cosa vogliamo da lui nel medesimo frangente: “Questo comportamento non va bene, quest’altro invece è ottimo!”. Più chiaramente e prontamente sapremo indicare cosa è “SÌ” e cosa è “NO”, prima il cane saprà come comportarsi e non dovremo più ricorrere al divieto.
Apro una piccola parentesi per ricordarvi di fare attenzione alle situazioni in cui usate il “NO”, poiché spesso può diventare un rinforzo per l’azione commessa, nel momento in cui il cane la compie con il solo scopo di ricevere attenzione da parte vostra, sapendo benissimo che quel comportamento non è ammesso e interverrete per fermarlo. In questo caso, quindi, per far smettere il cane, potrebbe essere più efficace ignorarlo e andare via, oppure non proibirgli l’azione che sta compiendo, ma più semplicemente distrarlo con un altro genere di attività. Un classico esempio è il cucciolo che ruba la ciabatta, sapendo che appena lo fa, tutta la famiglia si mobiliterà per acciuffarlo: per voi sarà un momento di tensione, ma per lui un gioco bellissimo di rincorse e cattura della preda. In quel caso, potrebbe essere sufficiente ignorarlo completamente e andare a prendere un suo gioco, mostrandoci estremamente interessati a quello. Il cucciolo rimarrà sorpreso del fatto che la ciabatta non è più in grado di innescare il gioco che desiderava, la sputerà e verrà a vedere cosa state facendo di così divertente.
Appurate quali sono le giuste situazioni nelle quali usare il comando, per impostarlo correttamente. Impariamo prima di tutto a usare la nostra voce nel modo giusto: il “NO” va dato con tono basso, fermo, deciso e credibile, è un divieto che non ammette repliche, potrebbe essere necessario usarlo per salvaguardare l’incolumità del cane, non possiamo permettere che sia disatteso perché espresso con incertezza. Il “BRAVO” che ne seguirà dovrà esprimere, invece, tutta la nostra contentezza e felicità, il cane dovrà sentirsi galvanizzato dalla lode, quindi useremo un tono acuto, dolce, entusiasta e rassicurante.
Per insegnare il significato del comando, fatevi aiutare da un collaboratore che mostri al cane un premio alimentare, attirandolo su di sé, mentre lo tenete al guinzaglio, abbastanza lungo da provare ad avvicinarsi, ma non sufficientemente per raggiungerlo; tenete pronto in mano un premio identico a quello che il collaboratore sta offrendo al cane e quando tenterà di prenderlo, pronunciate il comando una volta sola e senza agire sul guinzaglio, rimanendo immobili. Appena il cane capirà di non poter raggiungere il premio offerto e si girerà a guardarvi, premiatelo con un BRAVO e offritegli il vostro: la logica che vogliamo insegnare al cane è che non è necessario incaponirsi per raggiungere il premio, poiché obbedendo al proprietario, può ottenere lo stesso risultato.
Quando sarete sicuri dell’affidabilità del comando, passate alla fase da libero, affinché il cane sappia obbedire senza il vincolo del guinzaglio e proponete l’esercizio in situazioni diverse, variando il tipo di premio, ad esempio, offrendogli un comportamento alternativo, come andare a giocare con voi, ricevere una carezza, proseguire nella passeggiata, qualsiasi attività sostitutiva possa essere per il cane una ricompensa per aver obbedito al divieto.
Alla base del comando “NO” non deve esserci, quindi, prevaricazione e paura, ma un livello di comunicazione più elevato: semplicemente insegniamo al nostro cane a rinunciare al suo iniziale intento con spontaneità e serenità su nostra indicazione, per il piacere di cooperare, perché a legarci è un rapporto fondato sulla collaborazione, il rispetto e la fiducia.
Gianna Pietrobon – Educatore Cinofilo