Sempre più studi indicano che lo sviluppo cognitivo dei mammiferi parte dal periodo trascorso in utero. Non sono solo i farmaci e le sostanze nutritive a passare dalla madre al feto: essa trasmette ai piccoli tutto ciò che riguarda la sua vita, le sue emozioni e le sue interazioni con l’ambiente. La parola stress è sinonimo di sindrome di adattamento alle sollecitazioni. Esso può essere fisiologico e utile alla sopravvivenza dell’animale (pensiamo alla paura che induce una reazione di fuga per salvarsi la pelle), oppure avere risvolti patologici. Una cagna gravida costretta a vivere in una situazione non ottimale è sottoposta a uno stress cronico capace di indurre profonde modifiche sul suo organismo. Queste modificazioni, se patologiche, oltre a essere deleterie per la madre, lo sono per i futuri cuccioli.
La gestante va messa in condizione di vivere la gravidanza in serenità, evitandole tutte quelle situazioni che possono indurre stress. Non tutti i cani sono uguali: uno stimolo che lascia indifferente un soggetto può indurre un forte stress in un altro. Se una femmina non gradisce i viaggi in auto, limitiamoli all’indispensabile in gravidanza; se un’altra non tollera i rumori, ha particolari rivalità con altri cani o comunque dà segni di disagio in determinate situazioni, va evitato che sia costretta a viverle. Anche i cambiamenti come gli spostamenti di box o il sostituire al giaciglio abituale la cassa parto vanno fatti con gradualità e con un certo anticipo rispetto al parto.
I feti sembrano in grado di percepire sensazioni tattili dal 25esimo giorno di gestazione e l’accarezzare la cagna su pancia e schiena parrebbe avere un effetto benefico su di loro. Si crede, inoltre, che possano percepire gli irrigidimenti della muscolatura (uterina, ma anche somatica) e le improvvise contrazioni della stessa indotte da stress e paure.
Pageat, un autore che molto ha da dire sui cuccioli, ipotizza persino che l’ansia abbia origine congenita (non genetica!) e che madri con atteggiamenti ansiosi in gestazione o durante la crescita dei piccoli siano il maggior fattore coinvolto nello sviluppo di soggetti ansiosi.
Dalla nascita ai 15 giorni di vita: il periodo neonatale
I cuccioli nascono ciechi e sordi, ma questo non significa che non siano in grado di percepire stimoli che captano attraverso olfatto, temperatura e tatto. Il cucciolo riconosce olfattivamente (è importantissimo il ruolo dei ferormoni) la madre e sa che è il suo distributore di cibo. In questa fase di vita si muove strisciando e orientandosi attraverso stimoli tattili, preferisce le superfici morbide ed è attratto dalle fonti di calore, poiché il suo organismo non è ancora in grado di regolare in maniera autonoma ed efficiente la temperatura corporea. Pensate ai cuccioli che dormono tutti vicini o addosso alla madre o, ancora, a come, se fa freddo, scoprono subito dove trovare la lampada a infrarossi. Sono presenti il riflesso di suzione e il riflesso perineale (defecazione e urinazione indotte dal leccamento della madre sul perineo). Il riflesso perineale scompare verso il 15esimo giorno, quando i cuccioli acquisiscono il controllo degli sfinteri. Lo sviluppo cognitivo del cucciolo può essere aiutato da stimolazioni tattili. Queste possono avvenire, facendo ricorso a diverse superfici su cui appoggiare i cuccioli e manipolandoli: l’obiettivo è offrire sensazioni ed è qualcosa che possiamo fare senza costi e con impegno minimo. In questa fase gli allevatori possono stimolare il cucciolo secondo gli esercizi del programma Biosensor.
Dai 15 ai 28 giorni: il periodo di transizione
All’età di circa tre settimane i cuccioli aprono gli occhi e iniziano a fare uso della vista per orientarsi e cominciano a udire i suoni (lo sviluppo dell’udito è ritenuto completo a 28 giorni circa). In quest’arco di tempo il cucciolo sviluppa la comunicazione vocale: non più guaiti tutti uguali, ma vocalizzi diversi e finalizzati a esprimere emozioni (fame, dolore, paura) e, successivamente, i primi abbozzi di ringhi e abbai. In questa fase è importante stimolare i cani sia dal punto di vista uditivo sia visivo. I cuccioli devono essere messi in condizione di vedere e di udire, questa esigenza non viene soddisfatta se li blindiamo in un box, in un garage o in una stanza isolata. L’ideale è collocare la cassa parto in un punto trafficato della casa, in modo che i cuccioli possano vedere il via vai di persone, udire i rumori più disparati e essere immersi nella quotidianità. L’udito è in sviluppo la percezione dei suoni aumenta gradualmente senza però che essi incutano timore.
Alcuni allevatori non propensi all’idea di tener i cuccioli in soggiorno hanno messo a punto soluzioni diverse. C’è chi riserva un’area della casa ai cuccioli o chi ha costruito casette per cuccioli all’esterno: queste scelte, sebbene non ideali, possono essere ottimizzate al fine di produrre grandi benefici con minimi sforzi. Mettere una radio in prossimità dell’alloggio dei cuccioli sintonizzata su canali che trasmettono musica, ma anche altri programmi (per ampliare la gamma dei suoni), costa poco sforzo. Ci sono persino allevatori molto accorti che creano su CD o MP3 delle raccolte di rumori da fare poi udire ai cuccioli, all’interno di queste antologie si può mettere di tutto: lo squillo del telefono, l’aspirapolvere, le sirene dei mezzi di soccorso, oggetti che cadono , eccetera. Chi alleva cani da caccia può anche inserire il rumore dello sparo o di suoni che lo ricordino. I rumori si possono registrare con un registratore digitale o scaricare da internet. Chi tiene i cuccioli all’aperto può sfruttare i rumori ambientali, facendo in modo che siano uditi anche da loro: non è difficile, basta avere l’accortezza di passare dalle loro parti con il tosaerba, con il decespugliatore, accendere l’auto in prossimità del box, la gamma di cose che possiamo fare per arricchire i nostri cuccioli è infinita!
Sulla vista vale quanto detto per i suoni: è fondamentale che i cuccioli siano in un ambiente luminoso. I box bui e senza illuminazione non vanno bene. È buona cosa far vedere ai cuccioli oggetti di diversa forma, colore e consistenza, l’ambiente deve essere ricco di stimolazioni visive. L’acquisizione della vista e la crescente abilità nell’udire i suoni fanno sì che il cucciolo, in questa fase, modifichi in maniera marcata il suo comportamento. Da dormiglione, il cucciolo si trasforma in esploratore: è pronto a conoscere il mondo che lo circonda! Il primo incontro importante è quello con la madre e con i fratelli, a livello tattile, termico e olfattivo (i feroromi materni sono importantissimi!) li conosceva già, ma adesso è in grado di associare un muso e un corpo a quelle sensazioni. Attraverso la vista, il cucciolo prende coscienza della specie di appartenenza, scopre così di essere un cane. La vista è l’elemento che gli mancava per rinsaldare il legame con la madre, un legame che è necessario si instauri, ne va del futuro equilibrio caratteriale del cucciolo. Il piccolo, nella fase di transizione, inizia a esplorare quelli che corrispondono ai dintorni della sua tana, ma sa di poter far riferimento e affidamento sulla madre. Una separazione dalla madre in questa fase di vita può compromettere il processo di impregnazione – imprinting (il processo attraverso il quale il cane apprende di essere un cane e impara a riconoscere i propri simili) – e, quindi, compromettere le sue future interazioni con gli altri cani. Nel caso dei cuccioli orfani, un buon allevatore farà quel che potrà cercando di offrire ai piccoli una balia o altri surrogati (i cani maschi equilibrati sono eccellenti educatori) e stabilirà lui stesso un rapporto di attaccamento con i cuccioli, attaccamento che tenterà poi di traslare nel rapporto tra i cuccioli e i loro simili. Nessun buon allevatore separa i cuccioli dalla madre a meno di 28 giorni, ma questo destino può toccare ai cuccioli importati e rivenduti poi da negozianti senza scrupoli.
La fase di transizione coincide con le prime esplorazioni: il cucciolo inizia ad allontanarsi dal nido, facendo la spola tra ciò che lo interessa e la madre e stabilisce a ogni rientro un contatto fisico con lei, gli studiosi chiamano questi movimenti esplorazione a stella, la madre è al centro della stella. I cuccioli allargano gradualmente il raggio d’azione con tempistiche variabili da una razza all’altra. È buona cosa offrire ai cuccioli un territorio che essi possano esplorare in maniera sicura e che sia ricco di stimoli e novità. Questo parco divertimenti può essere naturale o artificiale: ci sono allevatori che riservano dei recinti a questo scopo e inseriscono dei giochi che i cuccioli possono usare in solitudine o dietro supervisione. Ci sono poi allevatori di cani da caccia che, vivendo in campagna, hanno dello spazio attorno a casa privo di pericoli, qualcuno di loro, in questa fase, lascia uscire i cuccioli dal box e consente loro la libera esplorazione dei dintorni. Si tratta di un metodo che affina le capacità intellettive dei cuccioli, il suo unico limite consiste nel fatto che i cuccioli, crescendo, tenderanno ad allungare eccessivamente i loro itinerari e, quando questo accadrà, le libere uscite andranno negate in quanto non più sicure. I cuccioli, tuttavia, durante questi viaggi raccolgono ed elaborano una grande quantità di informazioni: imparano a camminare sull’erba, ma anche sulla ghiaia, iniziano a vedere altri animali come gatti, piccioni e galline, scoprono l’odore dei fiori e apprendono a orientarsi da e verso la loro tana.
Dal 28esimo giorno in poi, la socializzazione
A partire da 28 giorni circa (secondo alcuni autori in certe razze questa fase può iniziare anche a 21) ha inizio l’importantissima fase della socializzazione. Questo periodo può essere diviso in due parti: da 4 a 6 settimane → socializzazione con i cani e da 6 a 12 settimane → socializzazione con l’uomo. Non esiste una netta linea di demarcazione tra le due fasi che, al contrario, finiscono con il sovrapporsi e compenetrarsi. Formalmente il periodo della socializzazione viene fatto terminare a 3 mesi di vita, ma non tutti gli etologi concordano, qualcuno lo ritiene concludersi solo al momento della pubertà. È possibile che: 1) tutte le fasi che precedono la socializzazione si susseguano in maniera fluida e senza barriere; 2) che le fasi che precedono la socializzazione la preparino e che quanto “seminato” dall’allevatore in questi periodi possa essere poi “raccolto” durante la socializzazione; 3) l’età di 12 settimane cui formalmente la socializzazione viene chiusa corrisponda alla parte chiave della socializzazione e che 4) la metodica di acquisizione dei dati da parte del cucciolo si modifichi dopo la pubertà, il fenomeno è evidentissimo nel caso della socializzazione intraspecifica.
Socializzazione: con questa parola indichiamo la capacità, che il cucciolo sta acquisendo, di stabilire interazioni e relazioni di tipo sociale. Tutto comincia dal cambio di relazione con la madre la quale, dopo aver passato settimane preoccupandosi di accudire i cuccioli, cambia il suo modo di rapportarsi. La madre, da nutrice, diventa educatrice: il cucciolo apprende così le prime regole necessarie per stare in una società fatta di cani e inizia a verificarle attraverso il rapporto con i fratelli. Se osserviamo le cucciolate, vediamo madri che a volte puniscono i figli in maniera decisa e cuccioli che passano ore e ore a giocare. Quello che noi umani definiamo gioco è una scuola, un corso di lingue, perché è attraverso il gioco che i cani apprendono il linguaggio canino, verificando subito se… funziona! Attraverso il gioco, inoltre, i cuccioli iniziano a stabilire dei legami tra loro, legami che in futuro potrebbero essere utilizzati per finalità di branco. È sempre il gioco che permette di tessere il primo abbozzo di gerarchia all’interno della nidiata: un allevatore che ha tempo di stare a osservare i cuccioli e possiede un buon “occhio” può, studiando i loro giochi, capire molto su quello che saranno i temperamenti dei singoli soggetti una volta diventati adulti.
Un cucciolo che ha l’opportunità di socializzare bene con i fratelli sarà un adulto in grado di rapportarsi correttamente con i suoi simili. La socializzazione non modifica il temperamento del soggetto, né rende il cucciolo impermeabile agli errori educativi del proprietario, ma è una buona base di partenza. Un cane correttamente socializzato non aggredisce, né teme i suoi simili senza che ne abbia un reale motivo, atteggiamenti frequenti in soggetti non socializzati. Potrei portarvi alcuni esempi di cani adottati attorno ai 40-45 giorni, che sono disastri dal punto di vista comunicativo. Un paio di loro sono di piccola taglia e hanno avuto una buona socializzazione con le persone, quindi, il danno è abbastanza limitato. Il terzo caso è, invece, più grave, trattandosi di un cane di grossa taglia (incrocio pastore tedesco) non socializzato né con i cani né con le persone: una bomba a orologeria pronta a esplodere e che è esplosa aggredendo cani e persone. Va, inoltre, ricordato che, secondo alcuni studi, l’impossibilità di giocare con gli altri cuccioli (durante la fase della socializzazione) provoca anche maggior timidezza generalizzata, ritardo nell’apprendimento, difficoltà nello stabilire rapporti sociali con le altre specie e anomalie nel comportamento materno.
I cuccioli una volta appresi i rudimenti della comunicazione e i loro magici effetti, sono pronti per interagire con le altre specie e soprattutto con noi esseri umani. Il cucciolo deve imparare a conoscerci, o meglio, deve imparare a conoscere noi e tutto il resto del genere umano. Non è possibile convocare al suo cospetto tutti gli abitanti del globo, ma possiamo invitare almeno un rappresentante per categoria. Il cucciolo deve innanzitutto essere messo in condizione di capire che esistono uomini, donne e bambini/e: i cani che vedono solo uomini o solo donne (o che non vedono bambini) durante la fase della socializzazione, una volta adulti potrebbero averne paura. Però… anche di uomini, donne e bambini ne esistono di tutti i tipi! Via libera, dunque, a tutti gli amici, specie i più strani: fate sapere ai vostri cuccioli che avete un amico grasso, uno capellone, un’amica dalla voce stridula e un’altra con gli occhiali. A questa età i cuccioli sono spugne assetate di informazioni e di sensazioni, dissetatele! Data la “spugnosità” dei cuccioli, è vitale che nell’arco temporale definito fase di socializzazione, essi continuino a essere immersi in stimoli esterni e ambientali: questa operazione va iniziata dall’allevatore, ma deve continuare dopo l’acquisto del cucciolo.
È meglio adottare un cucciolo a due mesi o a tre mesi? Il lasciare il cucciolo fino a tre mesi nelle mani dell’allevatore può avere i suoi vantaggi, che qui elenchiamo:
1) interazione più prolungata con i fratelli e la madre (e possibilmente con il padre o altro maschio adulto equilibrato) → miglior socializzazione e più completa acquisizione dell’inibizione a mordere;
2) superamento del “periodo della paura” (tra l’ottava e la decima settimana) in un ambiente noto e senza traumi legati al cambio di dimora e stile di vita;
3) completamento del ciclo vaccinale in allevamento e, quindi, in ambiente protetto;
4) maggior controllo di quelle condizioni ambientali che possono favorire l’insorgenza dei disordini ortopedici dell’accrescimento.
Uno o più di questi vantaggi induce alcuni allevatori a cedere i cuccioli dopo il compimento del terzo mese, nonostante ciò comporti un incremento di spese e di lavoro. Se l’allevatore ha buona cura dei cuccioli e si premura di socializzarli in maniera adeguata, ritirare il cucciolo a 90 giorni può essere vantaggioso per il proprietario, sia per i motivi che abbiamo appena elencato sia perché tre mesi il cucciolo ha un filo in più di autonomia per quanto riguarda i bisognini. Tutto a patto che l’allevatore si impegni a sottoporre il cucciolo al maggior numero di stimoli possibili (persone, animali, suoni, ambienti, oggetti, esperienze…) e che inizi a insegnargli dove sporcare. Se l’allevatore non può, o non vuole, impegnarsi a tal punto, è meglio ritirare il cucciolo ai canonici due mesi di età e mettersi al lavoro: un cucciolo non adeguatamente socializzato sarà un adulto problematico.
Rossella Di Palma