La rottura del LCCr è la più comune lesione del ginocchio del cane. Tale rottura può essere totale o parziale; quest’ultima si può verificare a carico della sola banda cranio-mediale, durante la flessione del ginocchio, soprattutto se accompagnata da rotazione interna, o a carico della banda caudo-laterale, durante l’iperestensione dell’articolazione.
La rottura del LCCr non è quasi mai causata da un trauma, bensì è la conseguenza dell’azione di molteplici fattori predisponenti, quali le variazioni di conformazione (come le deformazioni valga e vara del ginocchio) e gli stress reiterati di lieve entità. La lesione meniscale più frequentemente associata alla rottura del LCCr interessa il menisco mediale e ciò è dovuto alla sua notevole stabilità rispetto a quella del menisco laterale, che risulta, invece, più libero e mobile.
La terapia è chirurgica e prevede la stabilizzazione del ginocchio con metodi extrarticolare e interarticolari. Da alcuni anni la chirurgia offre diverse novità, modificando sia l’inclinazione del plateau tibiale con la TPLO e la TWO, sia con l’avanzamento della tuberosità tibiale con la TTA, inoltre non ultima una tecnica che unisce entrambi i principi e cioè la TTO.
Durante questi anni sono stati descritti in vari congressi tutti gli svantaggi e vantaggi delle varie tecniche, modificando i materiali e le tecniche di riparazione nei confronti del menisco. Primo punto fondamentale è stato se fare la discontinuazione meniscale o no. Sinceramente la tecnica del Meniscal Realise ha subito non poche critiche e da molti, per cui ormai è stata abbandonata: i cani, infatti, presentavano non pochi problemi con lesioni artrosiche a distanza.
Il mio parere a riguardo è che la modificazione delle forze all’interno del ginocchio ha la sua importanza, ma lasciare che l’articolazione durante la flessione vada a premere sul corno meniscale questo secondo me non è naturale. Ecco, quindi, che negli anni a venire alcuni colleghi americani ed europei associano a interventi di osteotomia anche l’uso di fili extra capsulari per contenere l’avanzamento della tibia durante la flessione del ginocchio, evitando quindi che la porzione del menisco venga lesionata nel tempo.
Essendo un freelance, il mio compito è quello di consigliare al meglio il tipo d’intervento in funzione del costo, ma soprattutto delle cure postoperatorie. Infatti, l’uso di placche ha sempre un rischio di allentamento, rottura infezione, ecc. Inoltre, specie per alcune razze, occorre dopo un certo tempo asportare la placca perché potenzialmente può indurre un tumore osseo, quindi si deve considerare l’opportunità di un secondo intervento.
Riguardo alle tecniche più datate, cioè embricazione laterale con fili sintetici e la ricostruzione interarticolare con fascia lata tecnica OVER THE TOP, a mio avviso conservano sempre una loro validità, l’importante è come vengono eseguite, rispettando tutti i principi e i passaggi che la tecnica richiede. Il principio della tecnica extrarticolare con embricazione laterale è ritornata in uso con il metodo Tight Rope, che consiste nel praticare dei fori facendo passare dei fili di poliestere resistente, evitando di passare attorno alla fabella. Pratica questa che crea non poco dolore e, inoltre, il filo, segando attorno al legamento fabellare, porta all’allentamento del filo stesso con instabilità. Per superare questo inconveniente si usano delle viti con occhiello, però alcune di queste creano un taglio più precoce del filo in seguito allo scorrimento del filo stesso attraverso il foro della vite.
C’è da dire, quindi, che nella lesione del crociato anteriore esistono vari metodi che però ognuno ha un suo punto debole, non esiste un metodo infallibile, la capacità del chirurgo è quella di scegliere il metodo giusto per quel paziente anche in funzione di eventuali disturbi di appiombi che spesso si associano. Il chirurgo deve sapere bilanciare i pro e i contro di ogni tecnica e sapere valutare gli impianti e materiale che gli vengono proposti attraverso i vari congressi e seminari.