Durante un recente convegno organizzato dalla Società Italiana di Fisiologia Veterinaria, al quale hanno partecipato importanti relatori provenienti da ogni parte d’Europa, si è affrontato il tema delle capacità cognitive del cane e del cavallo, due specie animali che sempre più vivono a stretto contatto con l’uomo. Per quanto concerne il nostro cane domestico, la sessione di studi a esso dedicata è stata aperta dal professor Ludwig Huber, della facoltà di Medicina veterinaria di Vienna, il quale ha esposto i risultati dei suoi ultimi lavori. Per studiare le sofisticate capacità cognitive di tipo percettivo del Canis familiaris sono state utilizzate le più moderne attrezzature fornite dalla recente tecnologia. In particolare, si è fatto ricorso all’utilizzo di moderni sistemi video (touchscreen), di registrazione e analisi dei movimenti oculari. I risultati ottenuti con l’ausilio di questi moderni mezzi sembrerebbero confermare pienamente le sofisticate capacità cognitive di tipo percettivo del nostro amato cane domestico.
Nel dettaglio, l’equipe di studiosi guidata dal professor Huber ha dimostrato la capacità dei cani di riconoscere oggetti reali presentati in 2D sullo schermo e di associare il suono di diversi ringhi a immagini di cani di taglia appropriata. Al contrario, le abilità dimostrate dai cani in test volti a valutare la capacità di comprendere relazioni fisiche (ad esempio, capire quale corda tirare per avvicinare a sé una ciotola piena di cibo) sembrerebbero molto meno spiccate. Questa minore abilità, secondo il professor Huber, sarebbe da porre in diretta correlazione alla domesticazione subita dal cane (selezione incentrata soprattutto sulle abilità sociali) e alle scarse opportunità che hanno i cani familiari di apprendere questi compiti. La sua equipe di ricercatori viennesi ha incentrato la maggior parte dei propri studi soprattutto sugli aspetti riguardanti la cognizione sociale. Questi studiosi hanno dimostrato che i cani non solo sono in grado di copiare le azioni di un altro cane, ma sono anche in grado di riprodurre l’esito di un’azione. Infine, come ha ricordato il professor Huber concludendo il suo intervento, anche nei confronti dell’uomo i cani dimostrano spiccate abilità in situazioni comunicative e cooperative. Questo è uno dei principali motivi per i quali il cane domestico è diventato parte integrante della società umana.
La cooperazione è, quindi, una chiave di lettura importante per comprendere la cognizione sociale dei cani nei confronti dell’uomo ma, come ricorda la professoressa Lieta Marinelli del laboratorio di Etologia applicata dell’Università di Padova, anche la rilevanza sociale del partner umano assume un ruolo di notevolissima importanza, essendo in grado di condizionare numerosi meccanismi e comportamenti sociali etero specifici in questa specie. Quanto ora asserito si è potuto valutare tramite un esperimento appositamente elaborato ed eseguito in una stanza provvista di due porte dalle quali si facevano entrare e uscire il proprietario e un estraneo. Dall’esperimento si è potuto verificare come i cani manifestino solo nei riguardi del proprietario parametri di attenzione compatibili con l’acquisizione di informazioni complesse. Inoltre, sottoponendo gli stessi soggetti a un test volto a valutarne l’attaccamento al proprietario, si è potuto evidenziare come la concomitante manifestazione in un cane di bassi livelli di attenzione e attaccamento o, al contrario, di altissimi livelli di entrambi, non è in grado di permettere al soggetto un uso efficace di informazioni sociali. L’analisi di alcuni parametri comportamentali (gioco, festeggiamento, vicinanza) e fisiologici (misurazione del cortisolo salivare) è stata molto utile nell’indicare come i cani anziani (oltre i 7 anni di età) manifestano una maggiore suscettibilità allo stress provocato dall’assenza dei proprietari. Ciò sarebbe da porre in relazione a un decadimento cognitivo assimilabile a quello riscontrabile nella nostra specie. La finalità di questi studi, come rileva la docente, sta nel sottolineare l’importanza e la necessità di comprendere i meccanismi emozionali che sottendono alle abilità sociali che un cane è in grado di esprimere nei riguardi di un partner socialmente rilevante qual è il proprietario. Infine non si può dimenticare di sottolineare come la profonda comprensione di questi aspetti potrebbe rivelarsi molto utile per il veterinario, permettendogli di intervenire con maggiore successo in tutte quelle condizioni problematiche la cui causa scatenante sia imputabile a una scarsa integrazione del cane nella sua famiglia umana.
Durante il convegno è stata posta in evidenza, anche, l’importanza della percezione visiva nel cane. Argomento, questo, oggetto di un altro studio da parte dell’equipe di ricerca dell’Università degli Studi di Padova. Dallo studio si evince che, nell’osservare un’immagine, i cani danno un maggior peso al suo aspetto “globale/totalitario” piuttosto che soffermarsi ai dettagli costituenti l’immagine stessa. Quali siano i fattori in grado di determinare questo fenomeno (caratteristiche del cane, caratteristiche delle immagini oggetto d’osservazione o altro) è, a oggi, una domanda aperta alla quale il gruppo di ricerca sta tentando di dare una risposta definitiva. Infine, durante la giornata di studio, si è parlato anche dell’attaccamento e della cognizione sociale intraspecifica nel cane. I legami emozionali verso i conspecifici, e quelli di attaccamento, sono stati oggetto di analisi da parte del gruppo di ricerca Etovet del dipartimento di Scienze fisiologiche presso l’Università di Pisa. L’equipe di ricercatori ha selezionato alcune coppie di cani conviventi tra loro da più di nove mesi e le ha sottoposto a un test consistente in brevi momenti di separazione dal proprio compagno e da successive riunioni. Durante il distacco si è osservato che i cani mostravano evidenti segni di disagio, disagio che terminava quando il soggetto veniva riunito al conspecifico. Tuttavia si è osservato, anche, che la presenza di una persona sconosciuta era in grado di sortire analoghi effetti tranquillizzanti. Tutto ciò ha portato l’equipe di ricercatori a concludere che il cane non forma legami di attaccamento con conviventi conspecifici, a differenza di quanto invece accade con il proprietario.