Nel 1992 la Farm Animal Welfare Council ha pronunciato le cinque libertà fondamentali degli animali domestici e di allevamento:
– libertà dalla fame, dalla sete e dalla malnutrizione;
– dalla costrizione di vivere in ambiente disagevole;
– al dolore, dalle lesioni, dalle malattie;
– di esprimere un comportamento normale;
– libertà dalla paura.
Facendo riferimento a una definizione di salute che vada oltre alla semplice “assenza di malattia”, si è giunti, come per ciò che riguarda l’uomo, a considerare la salute animale in modo globale, cioè uno stato di benessere psico-fisico. Si parla allora delle cinque libertà fondamentali di cui l’animale deve godere.
Facendo, quindi, riferimento alla libertà dalla fame dalla sete e dalla cattiva malnutrizione, libertà dai disagi ambientali, libertà dal dolore, dai traumi fisici e dalla malattia, libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche, libertà dalla paura e dallo stress, occorre inquadrare quale debba essere la gestione migliore del “pet”, sia a livello familiare sia nel corso di eventuali Programmi Assistiti dagli Animali (pet therapy).
È importante la conoscenza delle specie con cui si va a interagire e dei loro comportamenti, dei loro stili di vita “naturali” e delle loro modalità di comunicazione. Non vanno mai “umanizzati”, ma sempre collocati, soprattutto nel nostro modo di porci, come appartenenti al mondo animale. Ecco allora che l’abbraccio del bambino al cane sconosciuto può essere visto come tutt’altro che un gesto d’affetto e anzi come una minaccia, o il freezing del coniglio può non essere la richiesta di coccole ma un segnale di paura. I messaggi che gli animali lanciano vanno decodificati senza le barriere, le preclusioni e i pregiudizi – anche positivi – tipici dell’essere umano.
È necessario, seguendo la piramide di Maslow applicata agli esseri umani, che dapprima siano garantiti i bisogni primari, che possiamo trovare riassunti nelle prime tre libertà fondamentali. Inutile ricordare in questa sede la condanna per i maltrattamenti attivi o passivi verso gli animali o per gli acquisti incauti che lascino precipitare l’animale, dopo qualche mese dall’arrivo in famiglia, nel baratro della trascuratezza e dell’incuria.
Ma, ritornando alle libertà fondamentali, anche la possibilità di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche è importante, perché la realizzazione della natura dell’animale è fondamentale. Necessaria è, quindi, la socializzazione dell’animale, che nel cane non vuol dire addestramento, ma capacità di interagire con i conspecifici e con gli animali. Ciò porterà sì tranquillità al padrone durante la passeggiata al parco con Fido, ma anche la possibilità per l’animale di sentirsi sicuro, padrone delle proprie emozioni e mai timoroso.
Al gatto devono essere lasciati larghi spazi per espletare le sue peculiarità e per non perdere il suo istinto e i suoi rituali (la toelettatura) e al coniglio la possibilità di esplorare, scoprire, pur rimanendo protetto dalla paura e dallo stress che rendono qualsiasi animale vulnerabile più del dovuto e di sicuro lo collocano in uno stato tutt’altro che di salute.
Questa è prettamente la gestione domestica, ma in che modo garantire le libertà fondamentali all’interno di un’attività professionale che coinvolga il pet?
Lo scopriremo nella prossima puntata..