Era l’11 settembre 2008, quando parcheggiai la mia auto di fronte al canile di Imola (BO). Accanto a me avevo un trasportino bianco e azzurro, un collare fucsia e un guinzaglio. Spensi l’ultima sigaretta e la buttai nel posacenere dell’auto: per un po’ non avrei fumato in macchina, nel viaggio di ritorno ci sarebbe stata lei. Scesi dall’auto e suonai il campanello. Serena, la volontaria con cui già avevo parlato, venne ad aprirmi e mi condusse da lei, quella piccola palla di pelo maleodorante che all’epoca era Ursula e che oggi è, profumata e teolettata, Kim.
Non avrei mai pensato che più di cinque anni dopo mi sarei trovata a scrivere di quell’inizio di avventura, seduta davanti al pc, con accanto a me una compagna di vita tanto straordinaria. Perché questo è Kim: un concentrato di energia, di leccotti, di affetto e di gratitudine. All’epoca Kim aveva poco meno di un anno, tanti comportamenti stereotipati, tante insicurezze, tante abitudini sbagliate. Oggi mantiene la sua personalità, la sua vivacità, il suo poco amore verso gli altri amici a quattro zampe, con poche ma ben selezionate eccezioni.
Adottare Kim non aveva altro scopo che trovare e dare affetto, ma con il tempo un’idea si affacciò alla mia mente: condividere con altri il rapporto straordinario che ci legava, dare a chi era meno fortunato l’occasione di provare l’affetto e l’interazione con un mediatore sociale e relazionale tanto forte da trasmettere sicurezza, da farsi tramite di emozioni inespresse. Così comincia il percorso mio e di Kim all’interno dei Programmi Assistiti dagli Animali (semplicisticamente denominati Pet Therapy). Un percorso fatto di letture, di seminari, di stage, di corsi per conduttore e animale. E oggi la formazione continua, perché crescendo insieme abbiamo identificato il percorso giusto, la certificazione che ci rende ancora più idonee e che controlla che il nostro operato sia sempre più all’altezza delle aspettative.
Ho imparato che l’idoneità non deve essere mia come conduttore, o di Kim come cane, ma del binomio, della coppia cane-conduttore e che è questa nostra relazione che dobbiamo mettere a disposizione dei fruitori. Ed è su questa che lavoriamo, non su esercizi stereotipati che finirebbero per annoiare Kim e farle sentire come un lavoro quello che invece vuole essere un modo per condividere un’avventura, aiutando gli altri.
Io e Kim non facciamo il riporto, talvolta diamo la zampa, altre volte no, non ci rotoliamo per terra e non diamo spettacolo, io e Kim ci mettiamo a disposizione di chi vuole trascorrere del tempo con noi. Grazie a questa formazione il nostro rapporto è indubbiamente migliorato, è diventato più equilibrato, abbiamo imparato a comunicare, a guardarci negli occhi e a leggere i segnali l’una dell’altra. Talvolta mi chiedo chi sia il vero “conduttore” dell’attività, di chi sia la sensibilità che veramente viene messa in gioco.
Qualcuno mi ha chiesto perché io non abbia scelto un cane più semplice con cui formarmi, il tipico Labrador o Golden Retriever: la mia risposta è stata che quel giorno in canile ho scelto Kim e che con lei e per lei è nata questa idea di formazione e non so se un domani vorrò andare avanti anche senza di lei. Perché è il nostro rapporto che ci ha rese idonee a questa avventura, non la razza o le attitudini tipiche della stessa. Quel che è certo è che le statistiche ci remavano contro, pochi cani di canile, meticci e neri possono fare Pet Therapy: noi ce la stiamo facendo. Perché siamo una squadra.
NB: i protagonisti di questa storia non corrispondono ai soggetti della foto pubblicata