“Che gioia era osservare la sana vitalità del nostro Tom, quando cucciolo, manifestava un’incontenibile, entusiastica vivacità nelle relazioni, nel gioco, nella pappa….”. Poi Tom è cresciuto, ora pesa40 kg e tutta la sua esuberanza si è tradotta in un problema che comporta non poche difficoltà nella sua gestione: modalità d’approccio e di contatto irruenti e moleste, scarsa capacità di controllo a fronte di stimoli attivatori, comportamenti distruttivi o, peggio, mancata inibizione del morso. Questo cambiamento nei parametri di valutazione è piuttosto ricorrente tra i proprietari di cani di grossa mole, così come tra quelli di soggetti notevolmente “iper”. Ancor più nel caso della combinazione delle due cose insieme.
Dire che il cucciolo, cresciuto in un ambiente sano dal punto di vista delle stimolazioni, mantenuto per un periodo adeguato (almeno 8/9 settimane) a contatto con i fratelli e con la madre dovrebbe realizzare, principalmente attraverso gli interventi correttivi/educativi di quest’ultima, una prima fondamentale acquisizione dei meccanismi di autocontrollo e di riconoscimento dei segnali d’arresto. Viceversa, condizioni privative dal punto di vista delle stimolazioni, distacco precoce, madre non all’altezza rappresentano le condizioni ontogenetiche responsabili nel determinare la mancanza dell’acquisizione di modalità di autocontrollo e nei casi più gravi di una vera patologia comportamentale che si manifesta con un vero e proprio deficit di controllo psico-motorio (sindrome IS-IA). Inoltre, non occorre dimenticare la componente genotipica che potrebbe esprimersi in un fenotipo caratteriale notevolmente esuberante e invadente. Queste tendenze, venendo rinforzate dall’assenza di risposte che le contrastino, metterebbero il cucciolo nella condizione di ritenere certe modalità comportamentali premianti ed utili e, quindi, assolutamente praticabili.
In questi termini, è evidente la responsabilità di guida e di referente del proprietario, il quale dovrà continuare il lavoro iniziato dalla madre sottoponendo il cucciolo al maggior numero di esperienze possibili, eventualmente anche negative – mai traumatiche – al fine di disciplinare secondo l’autocontrollo le sue risposte. Nei casi gravi sarà necessario preparare un vero e proprio programma di recupero.
In realtà, molto spesso, l’atteggiamento del neo-proprietario va in controtendenza. Ѐ molto frequente che il cucciolo introdotto nel nuovo ambiente domestico, dopo un periodo più o meno lungo di adattamento in funzione della sua tempra, sia soggetto a stimoli molto evocativi, che potrebbero metterlo nelle condizioni di dimenticarsi di un po’ del bon ton fino ad allora appreso e vigilato. Anzi, potrebbe essere inconsciamente premiato e, quindi, rinforzato (come non resistere a un cucciolo festoso che ci salta addosso), quando mette in atto comportamenti che rivelano una fase eccitatoria scarsamente controllata e controllabile. Queste ritrovata gratificazione di comportamenti, per altro più immediati e sbrigativi per il cane a proposito di stimoli attivatori emozionali, contribuiscono a portarlo a credere che tali siano più utili e premianti, soprattutto nel caso di determinate tipologie e pertanto diventeranno repertorio comportamentale praticato.
L’EDUCAZIONE FUNZIONALE
Sarà, quindi, opportuno – pur senza privarci della gioia del contatto e dell’interazione con il nostro cucciolo – recuperare subito la strategia dell’insegnamento dell’autocontrollo psico-motorio, dell’acquisizione di modalità comportamentali più consone e – mi sia concesso il gioco di parole – “urbane”, onde non correre il rischio di trovarci a combattere quotidianamente con uno tsunami a quattro zampe.
È molto utile in questo, garantire il reale apprendimento di quei comandi che sono fondamentali nell’educazione funzionale del cane-urbano: “Seduto!” e “Resta!”. Tali comandi, appresi con una metodologia che preveda la partecipazione attiva del cucciolo e un conseguente processo di memorizzazione in forma di esercizio, devono entrar a far parte del repertorio comportamentale del cane, così da essere praticati in diverse situazioni.
Infatti, il nostro scopo ultimo non è quello che il cane risponda in maniera meccanica e condizionata ai comandi, assumendo e mantenendo una posizione precisa, ma piuttosto quello che elabori delle modalità comportamentali utili e convenienti. Modalità, di fatto, alternative e probabilmente diverse rispetto a quelle che lui avrebbe ritenuto tali e messo in atto. Proprio per questo, quando il cane avrà intuito il significato delle nostre richieste/comandi, dovremo variare la routine, introdurre i comandi in situazioni diverse e con maggiore disturbi ambientale. Dopo la fase iniziale di allenamento come semplice esercizio, per rinforzarne il valore generale e darne una consapevolezza di comportamento utile, introdurremo i comandi in contesti reali, dove ci potrà essere un nuovo stimolo-attivatore, non fittizio. Il cane dovrà dimostrare di aver acquisito maggiori capacità di controllo psico-motorio e modulazione comportamentale a fronte di questo tipo di stimoli.
Mi riferisco, per esempio, alla routine di somministrazione della ciotola (cibo = stimolo eccitatorio per eccellenza, nella maggior parte dei cani!), in cui una corretta gestione di questa prerogativa primaria (funzionale anche a corroborare il nostro status di leader nella sua moderna dimensione) dovrà prevedere questi steps successivi e graduali, che prevedono una spontanea scelta di autocontrollo e una successiva disponibilità al controllo:
IL GIOCO CONTROLLATO
Un altro contesto dove il cane è fortemente motivato – quindi molto spesso tendenzialmente incline a una fase eccitatoria – nel quale potremo introdurre dei meccanismi che gli impongano capacità di controllo emozionale e psico-motorio è quello del gioco. Quella che impiegheremo è la tecnica del gioco controllato. Si tratta di inserire delle regole nelle dinamiche di gioco che prevedano autocontrollo, calma, capacità di arresto, pena l’interruzione del gioco e del contatto (vedi più sotto) qualora il cane desse adito a manifestazioni di eccitazione (saltare addosso, mordicchiare, correre in maniera disorganizzata). Per esempio, nel classico gioco del riporto della pallina, questa non è rilanciata e il proprietario abbandona fisicamente il contesto di gioco se il cane non decide di riportarla o quanto meno, inizialmente, decide di lasciarla a terra. In seguito, aumenteremo l’impegno richiesto al cane, introducendo anche in questo caso i comandi in sequenza “Seduto!”, “Resta!” e “Vai!”.
L’INTERRUZIONE DEL CONTATTO
Ho accennato poco sopra a una tecnica definita “interruzione del contatto”. Di fatto, si tratta di una forma di “punizione” sicuramente lecita, efficace (il cane, specie se cucciolo anela al contatto) e facilmente praticabile (altri tipi di punizione, oltre ad altri eventuali difetti, potrebbero essere male interpretate e considerate una forma d’interazione rinforzante il comportamento). Consiste nel bloccare e non rinforzare le manifestazioni eccitatorie del cane, interrompendo qualsiasi forma di comunicazione con lui a livello di tutti i canali sensoriali (fisico, visivo…), quando si manifestano comportamenti irruenti e incontrollati. Dovremo, quindi, ignorare il cane in maniera esplicita e penalizzante: non guardarlo (girando eventualmente la testa in altra direzione), non parlargli, non toccarlo (consiglio di incrociare le braccia o mettere le mani in tasca) ed eventualmente allontanarsi da lui.
Ѐ molto importante, in caso di presenza di bambini in casa, insegnare loro a non correre e gridare quando il cane salta addosso o tenta di mordicchiare (lo considererebbe uno stimolo!).
Una delle manifestazioni comportamentali che esprimono da parte del cane irruenza e scarsa capacità di controllo emozionale, frequentemente lamentata dai proprietari e molto spesso da loro conoscenti (il rischio è di diventare socialmente “emarginati”), riguardo appunto le modalità di approccio e di contatto: in parole povere, le feste!
Tentare di scoraggiare queste manifestazioni con quella che può essere considerata dal nostro amico a quattro zampe una forma d’interazione (tentativi di allontanamento mediante spintoni, agitazione di gambe o braccia, grida…) sortisce molto spesso l’effetto opposto: rinforza il comportamento! Soprattutto in questo caso, la strategia correttiva premiante sarà quella di ignorare assolutamente il cane, praticando la tecnica dell’interruzione del contatto per il tempo necessario, affinché lui dimostri di essere “rientrato in sé”. Poi, magari, occorre un “Seduto!” (autocontrollo→controllo) prima di una carezza premio e il consenso a un contatto controllato. In casi particolarmente impegnativi, potremmo sollevare il ginocchio (attenzione, prima che il cane stia già saltando; altrimenti sembrerebbe che gli stiamo assestando una ginocchiata, cosa che non deve essere ed è ben lungi da me dall’essere suggerita!), in maniera da interporre un ostacolo fisico tra il nostro corpo e il cane. Di fatto, ciò introduce un parametro fisico nell’interruzione del contatto, attraverso il quale il cane comprenderà che saltando non raggiungerà ciò cui ambisce (il nostro petto o la nostra faccia), mettendolo nelle condizioni di riflettere sul fatto che un atteggiamento più controllato è più da premiare.
Ѐ evidente che, a rischio di diventare una frequentazione “impegnativa”, dovremo chiedere ai nostri eventuali visitatori, soprattutto quelli nei cui confronti il cane ha maggiore confidenza e capaci di evocare la messa in atto di comportamenti scorretti, di uniformarsi a queste regole!
INIBIZIONE DEL MORSO
L’uso non controllato del morso nei nostri confronti è un’altra manifestazione tipica, forse la più esplicita, del cane che esprime scarse capacità di autocontrollo. Nel caso si tratti di cuccioli molto giovani, è funzionale reagire all’affondo dei denti, emettendo un suono piuttosto acuto che possa somigliare a un guaito (“Cai!”). Questo dovrebbe richiamare nella mente del cucciolo le situazioni di quando, nelle dinamiche di gioco con i fratellini, provocavano dolore e ciò era segnalato dal lamento di chi lo subiva suscitando l’intervento correttivo della madre. Riproducendo questa memoria, il cucciolo dovrebbe mollare la presa e predisporsi alla sottomissione; a quel punto, noi potremo chiedergli un “Seduto!” che, se mantenuto in maniera convinta, sarà premiato.
IL BISOGNO DI ATTIVITÀ E DI UN RUOLO
Tutto questo è vero, ha un valore assoluto e può essere più o meno utile, ma nell’ambito di questa problematica è necessario considerare un altro aspetto che riguarda soprattutto il cane che vive la dimensione urbana.
Ѐ dimostrato che il cane richiede di poter avere un certo tempo da impiegare in attività varie e diversificate. Il cane moderno, tanto più quello urbano – che ha perso la sua dimensione originale di animale da lavoro (parola magari brutta e strumentale, ma che corrisponde alla realtà storica, evolutiva e selettiva), ma di cui conserva una memoria culturale, etologica e genetica – è fortemente penalizzato. Vi garantisco – e ne esistono i riscontri scientifici – che nessun cane ama starsene in panciolle, servito e riverito in una condizione di ozio forzato. Anche se entrato a far parte della nostra famiglia, ciò non significa in maniera consequenziale che possa o voglia accettare come suo unico ruolo sociale quello di animale da compagnia. Questa nuova situazione nasconde una pericolosa insidia: la noia e l’insoddisfazione. In un certo modo il cane, di più nel caso di certe razze e di certe tipologie caratteriali, rivendicherà un suo ruolo attivo, utile e collaborativo, quello che originariamente gli era dato dalla possibilità di svolgere un lavoro, pastore, guardiano o cacciatore che fosse. In effetti, la possibilità di svolgere un lavoro, oltre a garantire l’appagamento di bisogni psicologici e di sviluppo personale – unitamente a uno standard di vita più rustico, ma forse etologicamente più corretto – corrispondeva al bisogno di attività del cane. Ora nella dimensione urbana, il cane privato di questa possibilità dovrà trovare un legittimo sfogo a questo suo bisogno etologico. Credo che questo possa essere considerata la ragione per cui molti cani siano giudicati soggetti “iper”: cani, i cui proprietari lamentano comportamenti iperattivi, eccessivi, distruttivi, a volte anche aggressivi. La ragione di molti di questi comportamenti sta nel fatto che non hanno di meglio da fare! Anzi, spesso, non hanno niente da fare e questo non è corretto, ma anzi può essere all’origine di molti disturbi e la causa di tanti comportamenti indesiderati e problematici.
Poiché non possiamo prescindere dal bisogno di attività del cane, uno strumento molto utile sarà quello di orientarlo e organizzarlo in funzione delle nostre possibilità, in maniera da soddisfarlo e renderlo più sereno, guadagnandoci anche noi! Certo, ci s’impone qualche sacrificio in termini di tempo dedicato al nostro amico, ma ne vale la pena poiché questa potrebbe essere la via per la risoluzione del problema. Inoltre, se saremo abili nell’organizzazione, l’impegno non sarà poi così gravoso e il rapporto ne trarrà gran beneficio.
In questo senso, potrebbe essere utile considerare di impegnare il cane in un percorso di addestramento in una disciplina cinofilo-sportiva (l’agility la fa da padrona).
Si può impegnare il cane, anche, in attività che sono alla nostra portata (jogging, trekking…), alcune praticabili all’interno delle mura domestiche; mi riferisco alle attività cognitive o intellettive come, per esempio, l’insegnamento di esercizi vari e la pratica dei cosiddetti giochi di attivazione mentale.
Non dimentichiamo il gioco in cui potremmo combinare più attività insieme. Un vero toccasana!
Michele Raffaelli
Dottore in Scienze del comportamento animale
Educatore cinofilo e consulente comportamentale