È opinione comune ritenere il gatto un animale distaccato, sornione, egoista, opportunista, inaffidabile, individualista. Questi in realtà sono pregiudizi, purtroppo piuttosto diffusi, che nascono dalla scarsa conoscenza di questo animale soprattutto dal punto di vista etologico.
Per comprendere fino in fondo i comportamenti del nostro compagno a quattro zampe senza farci condizionare da pregiudizi, dobbiamo prima di tutto domandarci se il gatto sia un animale solitario oppure un animale sociale. La risposta non è semplice.
Dobbiamo tenere presente che il gatto domestico ha iniziato a vivere a stretto contatto con l’uomo solo in tempi relativamente recenti (circa 2000 anni fa, mentre il cane 10000 anni fa). Il grande cambiamento determinato dall’addomesticamento è stato il passaggio da una vita quasi esclusivamente solitaria, tipica del gatto selvatico, a una vita caratterizzata da stretti rapporti con altri gatti e con l’uomo.
In realtà, l’organizzazione sociale del gatto è ancora oggi piuttosto fluida e dipende direttamente dall’entità delle risorse disponibili: se le risorse sono molto scarse e l’unico sostentamento per nutrirsi è l’attività predatoria, il gatto tenderà a condurre una vita solitaria. In ambienti rurali, in cui in parte il cibo è fornito dall’uomo, si assiste alla formazione di piccoli gruppi sociali. In ambiente urbano, dove il cibo è abbondante e concentrato in spazi ristretti, il gatto vive in gruppi sociali allargati dei quali entra a far parte a pieno titolo anche l’uomo e spesso altre specie animali.
Tali gruppi sociali si basano sul sistema del matriarcato, sono costituiti cioè da gruppi di femmine imparentate tra loro e dai loro piccoli, mentre i maschi adulti interi (non castrati) di solito non sono accettati. Tali gruppi sono molto chiusi e xenofobi, e si caratterizzano per un forte attaccamento al territorio in cui si formano.
Per questo motivo dobbiamo considerare il gatto una specie ancora in evoluzione, in particolare dal punto di vista comportamentale, poiché ancora non si è affermato definitivamente un modello specializzato di socialità; una specie nella quale si mescolano adattamenti alla nuova vita insieme all’uomo (vita sociale) e retaggi di un passato non così tanto remoto (vita solitaria). Ecco perché molti dei nostri mici amano giocare e dormire con noi, passano molto tempo a leccarsi tra loro, cercano il nostro contatto per fare le fusa, però allo stesso tempo possono non accettare volentieri animali estranei, frequentemente litigano fra loro e possono non tollerare a lungo le nostre carezze. Ogni singolo individuo avrà poi più o meno spiccate attitudini sociali, in base alle esperienze avute e al suo bagaglio genetico.
I pregiudizi di cui abbiamo parlato nascono anche dall’opinione diffusa che il gatto sia molto legato al suo territorio e affatto alle persone o agli altri animali che vivono con lui. Ancora una volta un giudizio affrettato e superficiale. Indubbiamente per il gatto il territorio ha un valore importantissimo, basti dire che intorno ai quattro mesi l’attaccamento nei confronti della madre si trasferisce al territorio di appartenenza. Dobbiamo precisare, tuttavia, che gli elementi più importanti del territorio di un gatto sono proprio gli altri animali e l’essere umano, i quali non sono percepiti come suppellettili o parti del mobilio della casa in cui vive, ma sono riconosciuti come membri sociali del suo ristretto ed esclusivo mondo.
Da quanto detto possiamo concludere che il gatto è sicuramente un animale che non può essere giudicato superficialmente. Non è facile entrare a far parte del suo mondo ma, se ci riusciamo, troveremo un compagno di vita tutt’altro che egoista e distaccato.
Dott. Martini Maurizio