Proviamo a considerare il cucciolo come una casa: il periodo neonatale corrisponde al progetto, il periodo di transizione all’acquisto del terreno e alla messa in opera. La socializzazione coincide con la realizzazione delle fondamenta, sulle quali si costruirà l’adulto. I materiali edili corrispondono ai geni. Va da sé che, se costruisco una casa con un progetto sbagliato, su un terreno franoso o adoperando materiali scadenti, non avrò una buona casa, lo stesso accade con il cane.
Il peso attribuito alla genetica varia da razza a razza. Dietro a ogni razza c’è un ambiente umano differente, mentre davanti a ogni razza, invece, ci sono attitudini e aspettative differenti. Se la razza allevata, a livello di cinofilia ufficiale, è coinvolta esclusivamente nelle esposizioni, l’allevatore punterà moltissimo sulla genetica. Qualcosa di molto simile accade nelle razze impiegate in professioni, dove è ritenuta fondamentale l’attitudine naturale, come nei cani da caccia. Alcuni studi, però, attribuiscono alla genetica un valore molto inferiore a quello che le si era sino ad ora attribuito: nel caso dei cavalli da corsa, per esempio, analizzando il singolo carattere “velocità”, il peso dei geni pare non superiore al 20%! La percentuale è un po’ bassina, nel cane probabilmente entrano in gioco anche molte più variabili e le attitudini da analizzare sono molteplici e sfumate, ciononostante non è il caso di cestinare questo dato. Molti di noi avranno avuto modo di vedere fratelli di cucciolata, cresciuti separatamente in famiglie differenti, trasformarsi in adulti completamente diversi.
La socializzazione con i cani
Mi dedico principalmente ai cani da caccia, pertanto userò loro come esempio, fermo restando che quanto leggerete è valido anche per tutti gli altri, sia che essi siano coinvolti in discipline “naturali”, sia che gareggino in discipline in cui l’addestramento ha un ruolo chiave. Le domande sono: come e quanto una corretta socializzazione (con cani, uomini e animali) e una corretta presentazione dell’ambiente al cucciolo possono influire sulle sue prestazioni sportive o, più prosaicamente, sulla sua vita in famiglia?
Partiamo dalla socializzazione con i cani. Un cane NON adeguatamente socializzato con i suoi simili vive bene in famiglia ma… i guai iniziano quando usciamo di casa! Potremmo avere un adulto che fugge, o peggio, che aggredisce, essere costretti a stare alla larga da altri cani e tenerlo sempre al guinzaglio. L’aggressività intraspecifica (e cioè tra cani) varia da un soggetto all’altro, è tendenzialmente più spiccata nel maschio che non nella femmina e di norma più presente in determinate razze rispetto ad altre. Chi ha preso un terrier, un rottweiler, un pitbull, un pastore tedesco o altre razze considerate a rischio parte svantaggiato, ma questa deve essere una esortazione a fare tutto e a farlo meglio, non ad arrendersi senza nemmeno tentare. Lo jagd terrier fino a pochi anni fa era considerato più che un terrier un terrorista, ma oggi le cose sono diverse: gli allevatori hanno cambiato l’indirizzo di selezione, puntando su soggetti equilibrati e uno jagd ben selezionato, socializzato ed educato può convivere nella stessa casa con altri cani. Intendiamoci, se scegliamo un cane che ha, generalmente, un certo grado di aggressività nei confronti degli altri cani, non potrà, senza nessuna socializzazione, sradicare questi tratti trasformandolo in una specie di figlio dei fiori che accoglie a colpi di coda ogni suo simile. Un buon lavoro sul cucciolo, però, potrà darci un adulto gestibile in presenza di altri cani.
Un cane correttamente socializzato da cucciolo, infatti, riceve dai fratelli (o da altri cuccioli se partecipa a un corso cuccioli) e dagli adulti un feedback per quanto riguarda il morso. Tu mordi? Bene io ti ri-mordo, ti mordo più forte o ti punisco smettendo di giocare. Attraverso il balletto dei morsi e delle sgridate che il cucciolo riceve impara se mordere, quando mordere e soprattutto “quanto” forte mordere e “quanto” a lungo mordere. La gestione del morso viene appresa in maniera automatica. Gli anglosassoni parlano di “inibizione al morso” o di “morso inibito”, un elemento fondamentale nella vita futura del soggetto, un termine forse più adatto all’italiano potrebbe essere “morso controllato” o “controllo del morso”. Un cane correttamente inibito al morso non morde a tutto spiano, morde solo quando ve ne è una reale necessità e morde solo con la forza necessaria a ottenere ciò che vuole, non di più. Ho un nipote canino che è un pastore di ciarplanina, razza ritenuta pericolosa nonché mordace. Patouf però non è proprio il tipo da morso facile. Pur essendo stato sollecitato in più occasioni nel suo ruolo di cane da guardia, non ha mai morso: si è limitato ad avvertire e allontanare le persone invadenti, lasciando solo un filo di bava sui vestiti o bloccandoli contro un muro quando non ha potuto farne a meno. Lo stesso atteggiamento viene tenuto con gli altri cani: nei loro confronti usa la mimica e le posture, li ribalta sul dorso ma non li ferisce. Un cane di 50 kg, se morde, può fare davvero molto male, ma se ha ricevuto una corretta inibizione al morso morderà le persone solo in situazioni estreme e mordicchierà, forse, i rivali canini ma senza ucciderli o rendere necessario l’intervento del veterinario.
La socializzazione con i cani è poi indispensabile, se si intende impiegare il cane in attività cinofile: qualsiasi disciplina sportiva da vivere con il cane viene svolta in presenza di altri cani, come facciamo a ottenere risultati se il cane non è sereno? Che dire poi di quelle discipline in cui i cani lavorano insieme (sleeddog, lavoro in muta su lepre e cinghiale, lavoro in coppia per cani da ferma)? In queste situazioni, i cani devono essere capaci di comunicare in maniera efficace tra loro o il lavoro non può nemmeno iniziare! Un’ultima nota: un cane correttamente socializzato con i suoi simili, socializza con maggiore facilità con le altre specie!
La socializzazione con l’uomo
Per quanto riguarda la socializzazione con l’uomo, se il cane non incontra durante i periodi critici un certo numero di persone, può arrivare a temere la gente e a mostrare segni di aggressività, atteggiamenti che ne complicano la gestione. Il cane potrebbe fuggire o aggredire i bambini, mostrare estrema e immotivata diffidenza abbaiando e ringhiando a tutti come un forsennato, non accettare di essere toccato dal veterinario, mostrare timidezza in ambienti affollati… La reazione che un cane non socializzato nei confronti delle persone può venire condizionata dalla sua genetica. Un levriero si immobilizzerà dove si trova, un setter o un breton si nasconderanno dietro le gambe del padrone, un pinscher abbozzerà un morso. Célia è una schnauzerina media adottata da un’amica all’età di cerca sei mesi. Fino ad allora era rimasta con la mamma e con l’allevatore che aveva problemi personali piuttosto seri. Nei mesi trascorsi in allevamento, la cagnolina aveva imparato a socializzare con i cani in maniera eccellente, ma non era altrettanto abituata alle persone avendo incontrato pochi estranei. Célia ha accettato con un po’ di diffidenza la nuova famiglia, ma sin dall’inizio ha manifestato problemi nel rapporto con estranei. Se è per strada e passa una persona ora la ignora ma nel suo primo anno e mezzo reagiva, ringhiando e abbaiando furiosamente. Nell’abbaiare andava in retromarcia, esprimendo oltre alla diffidenza un po’ di paura. Questi risultati sono frutto di una socializzazione carente con le persone a cui si è aggiunta la naturale diffidenza di una razza da guardia come lo schnauzer medio. Le persone che hanno adottato Célia sono cinofili esperti e hanno lavorato e lavorano molto suoi problemi: la cagnina oggi è più gestibile, ma non è stato un recupero semplice.
È necessario avere un cane ben socializzato con le persone, se vogliamo viverlo al meglio, portarlo con noi in vacanza, al ristorante, sui mezzi pubblici e partecipare alla cinofilia ufficiale. I cani da esposizione non devono mostrare aggressività o timidezza una volta entrati nel ring ed è indispensabile che si lascino ispezionare dal giudice. Un buon grado di socievolezza è opportuno anche in tutte le altre competizioni sportive: ve lo immaginate un cane da agility o da obedience messo in crisi dal pubblico? E ancora, come potrebbe un cane da mondioring non socializzato con le persone affrontare tutti gli strani figuranti che si aggirano nella sua disciplina?
Una corretta socializzazione con il genere umano è l’ingrediente base per la felicità del cane: i cani moderni vivono in mezzo ad alieni chiamati persone. Una buona conoscenza dell’alieno consente loro di capirli e interpretarli senza temerli, ciò regala a loro serenità ed evita l’insorgenza di stress.
La socializzazione con l’ambiente
La socializzazione con le altre specie animali e con l’ambiente è il terzo elemento che va a interagire con i geni, delineando così l’atteggiamento futuro del cane nei confronti di tutto ciò che lo circonda. Un cucciolo messo in condizione di raccogliere stimolazioni ambientali durante il periodo di transizione e di socializzazione è un cucciolo meglio equipaggiato per affrontare la vita. Quante più esperienze il cucciolo riesce a vivere nel periodo della socializzazione (o comunque in giovane età), quanto più sarà un adulto adattabile. La raccolta di stimolazioni e sensazioni, inoltre, allena la mente del cane affinando così, oltre alle capacità di adattamento, anche quelle di apprendimento. Un cane che è stato ben socializzato con l’ambiente da cucciolo è generalmente un animale versatile, spendibile in molti contesti e discipline sportive, pronto ad affrontare con ottimismo le novità e a tollerare meglio gli stimoli spiacevoli, come i rumori. Premesso che la socializzazione con l’ambiente deve essere considerata importante per tutti i cani e per tutte le razze, l’esperienza personale mi porta a credere che in alcuni soggetti e in alcune razze sia assolutamente indispensabile. Non sappiamo a priori quali cuccioli saranno perennemente rovinati da una carente interazione con l’ambiente e quali invece riusciranno a metterci una pezza grazie ad un maggior grado di sicurezza e di fiducia in se stessi che gli è stato regalato dalla natura. Quindi, dal momento che una socializzazione carente è foriera di stress, ipereccitabilità e di atteggiamenti legati alla paura…occorre socializzare tanto, sempre e comunque.
Come ho già detto, seguo soprattutto cani da caccia: essi (soprattutto i cani da ferma, da seguita e gli spaniel) allevati da cacciatori che puntano molto sul lavoro sono generalmente socializzati in maniera eccellente con gli altri cani. Molti rimangono con i fratelli o con altri cani fino all’età adulta ed è difficile trovare un cane da caccia che non sia in grado di comunicare correttamente con i suoi simili. Può capitare però, che le cose vanno diversamente, invece, quando si tratta di andare alla scoperta di ambienti e persone. Attenzione, non si tratta di un problema esclusivo dei cani da caccia e dei cacciatori: si tratta di un errore inconsapevolmente commesso anche da tanti semplici proprietari che vivono in campagna, in contesti splendidi e rilassanti ma troppo poco movimentati. In simili contesti il grado di interazione con le persone è molto variabile: abbiamo cani che interagiscono con un vasto campionario di esseri umani e altri che invece ne incontrano un numero limitato o ne incontrano solo una particolare categoria (solo uomini, solo donne eccetera). I cuccioli che hanno interagito correttamente con gli esseri umani diventano adulti normali mentre i colleghi più sfortunati possono comportarsi come psicopatici, se il loro contesto di vita cambia radicalmente. Conosco un cane, di cui volutamente ometto la razza e adottato a circa 10 mesi (tutti trascorsi in box), che è superlativo nelle attività sportive che gli si chiede di svolgere. Oltre a ciò, va sottolineato che si comporta normalmente all’aperto, sia in campagna che in città, sia al guinzaglio che senza. All’interno di una qualsiasi casa, però, si sente un pesce fuor d’acqua, si rintana e mantiene (a distanza di anni!) un atteggiamento circospetto verso la moglie del proprietario, nonostante la donna abbia fatto tutto quanto in suo potere per diventargli simpatica. Per amor di precisione, devo aggiungere che ho visto problemi simili a questi in alcune razze, ma non in altre. Forse le razze “esenti” hanno un carattere più forte, i nervi più saldi e meno nevrilità, ma sta di fatto che tra gli esemplari di razze “toste” nati e cresciuti in box e socializzati il minimo con persone e cose non ho riscontrato simili problemi comportamentali, nemmeno in soggetti spostati improvvisamente dalla campagna alla città o dal box all’appartamento.
Non sono in grado di definire cosa determini questa reazione differente: secondo alcuni autori, come per esempio Pageat, le ansie e quindi le paure, non hanno origine genetica ma possono avere origine congenita (l’atteggiamento della madre si trasmette ai figli). In tutta franchezza, però, non mi va di escludere una base genetica – su cui tutto il resto si accavalla – che tradurrei in una “predisposizione a…”. Sarebbe interessante riuscire a comprendere in maniera oggettiva quali e quanti tratti caratteriali rendano ancora più indispensabile la socializzazione. Secondo la mia esperienza, i soggetti (e quindi le razze) più facilmente eccitabili (questo può essere legato a sua volta a una particolare fisiologia del sistema nervoso e a livelli di cortisolo nel sangue più alti, tratti appurati anche negli esseri umani) sono i più danneggiati da una socializzazione carente.
Un cane da lavoro è prima di tutto un cane
Il problema più grosso è cambiare la mentalità di molti proprietari e allevatori che socializzano i cani in base al tempo libero che hanno a disposizione per farlo. In caso di problemi comportamentali, poi puntano il dito contro la genetica definendo il cane un “tarato” (cit. l’allevatore) o l’allevatore un disonesto incompetente (cit. il proprietario), quando in realtà con qualche accortezza si eviterebbero tanti problemi. Accudire e socializzare i cuccioli in maniera intensiva NON è uno spreco di risorse, bensì la salvaguardia delle stesse. Non è difficile trovare in regalo, o peggio al canile, cani di un anno o giù di lì, scartati per problemi comportamentali (che si sarebbero potuti evitare attraverso una corretta socializzazione ed educazione) o per scarse attitudini alla disciplina per la quale erano stati selezionati. Ora, premesso che per l’impiego del cane nelle attività sportive la componente genetica è importante (e in alcune discipline più importante che in altre), lo è anche la componente ambientale. Un cane di buona selezione, che è stato prima socializzato a dovere e poi avviato all’educazione di base a dovere, è un cane che ha tutti gli strumenti per iniziare la sua carriera sportiva e lavorativa. Un cane che non è mai uscito dal box, invece, sarà costretto a iniziare l’università senza aver fatto le medie: solo pochi ci riescono e ci riuscirebbero molto meglio, se avessero basi che non possiedono. Gli integralisti sostengono che il cane “buono” geneticamente viene fuori comunque, a volte questo accade, ma nell’attesa tanti soggetti vengono cestinati senza che ve ne sia un valido motivo: chi ci assicura che non siano “buoni” anche loro e che le loro capacità siano inibite da sfumature caratteriali che vanno a cozzare con una socializzazione carente? La paura dello sparo e dei rumori forti è un esempio che tratteremo a parte, nel frattempo vi racconto una storiella. Un’allevatrice ha acquistato due cani di una data razza da due allevatori stranieri, di due paesi diversi. In entrambi i casi, i cani erano frutto di ottime selezioni, erano nati e cresciuti in casa ed erano stati super-socializzati. Ancora cuccioli, i cani sono arrivati in Italia in aereo e una volta toccata terra hanno subito iniziato a comportarsi come se fossero a casa loro. Da grandi, questi cani hanno confermato le buone impressioni e stanno soddisfacendo tutte le aspettative dell’allevatrice. La stessa persona ha avuto, negli anni, alcuni soggetti della stessa razza di ottima genealogia e selezione provenienti da allevamenti italiani che crescono i cuccioli in box. Solo un paio di questi cani si sono dimostrati interessanti e soltanto una è stata ritenuta interessante al punto tale da essere portata avanti nella cinofilia ufficiale. Gli altri sono stati regalati come cani da compagnia, in quanto non ritenuti caratterialmente idonei all’impiego sportivo e alla riproduzione. È impossibile dire, a posteriori, quanto abbia influito una possibile scarsa socializzazione in questi cani, né se una gestione a singolo nelle mani di un cinofilo esperto in grado di tentare un programma intensivo di recupero durante l’età giovanile li avrebbe resi più equilibrati. Non ci sono risposte, ma quello che ho letto, appreso ed osservato negli anni insinua ragionevoli dubbi.
Un altro errore che viene commesso dai proprietari è quello di volere saltare le tappe. Portato a casa il cucciolo a due o tre mesi si inizia a stimolarlo (o peggio a testarlo in maniera casalinga) per verificare quelle attitudini che il cane. Tutto ciò va bene in chiave ludica e propedeutica, ma non deve essere considerato probante ai fini del futuro adulto, né diventare un’ossessione o si rischia di rovinare il cucciolo per troppa fretta e troppe pretese. Poche settimane fa, un ragazzo che aveva acquistato il suo primo cane ha scritto su un forum di cinofilia, chiedendo cosa fare con il cane. Spiega che abita in appartamento, in una metropoli e non sa se va bene portare a spasso il cane. Teme che la vita di città danneggi la futura carriera sportiva del suo cane. Gli è stato risposto che il suo cucciolo prima di essere un cane di una determinata razza è un CANE e, quindi, di trattarlo come un cane seguendo i consigli di un educatore e di qualche buon manuale di cinofilia e gli è stato spiegato che i tanti stimoli offerti dalla vita in casa e in città avrebbero solo fatto bene al suo cucciolo.
Il ragazzo ha capito, non c’è stato nessun salto delle tappe e il cucciolo non è stato rovinato. Ma ci sono anche proprietari che non capiscono e perseverano negli errori. Un altro esempio è quello di un proprietario poco esperto in cuccioli, che acquista una cucciola e non la stimola adeguatamente. Di punto in bianco si presenta a una fiera (persone, rumori, cani) con la cagnolina al guinzaglio: è terrorizzata! L’uomo ammette che la cagna aveva sempre quello “strano” atteggiamento, chiede quindi consigli per aiutarla. Gli è stato risposto di rimandare ogni addestramento specialistico e di concentrarsi esclusivamente sul cane, lavorando alla costruzione di un rapporto e al consolidamento caratteriale della cagnina. Gli è stato suggerito di interagire con lei, di portarla ovunque, di farle incontrare persone e vivere esperienze: a distanza di un anno la cagnolina è molto migliorata sia sotto il profilo della resa nelle attività sportive sia sul fronte del carattere.
Rossella Di Palma