Il cane come amico del cuore. Non solo in maniera metaforica, ma nel vero senso della parola. Il quattro zampe, infatti, non rappresenta solo il più fedele amico dell’uomo, capace di regalargli compagnia e momenti di grande allegria. Secondo un recente studio giapponese, sarebbe in grado di apportare dei benefici anche alla sua salute. Assieme al cane, tutti gli altri tipi di animali domestici, sia che siano pelosi, squamosi o pennuti. Secondo quanto pubblicato sull’American Journal of Cardiology, un quindicinale americano riguardante il campo della cardiologia e in generale le malattie cardiovascolari, chi soffre di patologie croniche e possiede un animale, come per l’appunto un cane, un gatto, un pesce o un uccello, ha un cuore più sano di chi non l’ha. Inoltre, è in grado di rispondere meglio ai cambiamenti richiesti dal corpo, come ad esempio battere più velocemente durante le situazioni stressanti. Ѐ il risultato di uno studio giapponese, durante il quale sono stati monitorati per una giornata intera circa 200 pazienti, con un’età compresa tra i sessanta e gli ottanta anni, e con problemi di diabete, ipertensione o colesterolo alto. Di queste persone monitorate, circa quattro su dieci possedeva un animale domestico e un battito cardiaco con una durata diversa, di 50 millisecondi in più o in meno. Tra quelle, invece, senza un animaletto a casa, la diversa lunghezza del ritmo cardiaco era presente solo nel 2,5 per cento dei casi. Ciò vuol dire che il loro ritmo cardiaco è meno variabile e sa adattarsi meno alle situazioni. «Tra i pazienti con patologie alle arterie coronarie – spiega il coordinatore dello studio, Naoko Aiba – chi possiede un animale ha un tasso di sopravvivenza maggiore di un anno rispetto agli altri». «La mia ipotesi è che gli animali svolgano una funzione di sostegno sociale, aiutino a ridurre lo stress e possano soddisfare alcune, anche se ovviamente non tutte, le esigenze sociali di compagnia», dichiara Judith Siegel, docente alla UCLA School of Public Health di Los Angeles, mentre Erika Friedmann, docente alla School of Nursing dell’Università del Maryland, non coinvolta nello studio ma specialista della materia, sottolinea che «lo studio fa compiere un passo in avanti a quanto già noto circa la connessione tra il possedere un ‘pet’ e la salute del cuore di una persona». Tuttavia viene chiarito, anche, che si tratta di dati che vanno approfonditi con altri studi.