Una slitta per un cane o un cane da slitta? Lo sleddog, uno sport per tutti
1 luglio 2014
10 min

Una slitta per un cane o un cane da slitta? Lo sleddog, uno sport per tutti

addestramento

Oggi vi propongo l’articolo del musher Andrea Schembri, dell’associazione di sleddog “Cani Avventura“, presente sul territorio laziale, a Campaegli, nel Comune di Cervara di Roma, che in modo semplice ed affascinante ci accompagnerà nel fantastico mondo dei cani da slitta: lo sleddog.

Lo sleddog (sled: slitta – dog: cane) purtroppo è uno sport ancora poco conosciuto ma estremamente interessante, appassionante e praticabile da tutti, perché per chi vuole intraprendere questa disciplina non è necessario possedere un cane da slitta o una slitta attaccata a un cane, ma lo si può fare in molti modi diversi che vanno dal traino sulla neve a quello su terra e a tutte le altre discipline correlate a questo sport, come il dog-trekking, lo skijoring e il canicross.

Andrea vi “trascinerà” in questo bellissimo mondo, facendovi comprendere al meglio cosa significa fare sleddog e cooperare in modo simbiotico ed empatico con un team di cani. Per chi volesse avere altre informazioni su questo sport, potete contattare Andrea Schembri.

Buona lettura e buon divertimento!

 

“Nella vita gli esami non finiscono mai“, disse il grande Eduardo De Filippo. Ogni volta che intraprendo una nuova avventura, salendo sulla mia slitta, sento l’eco di queste parole.
Nel febbraio 1995, dopo aver ricevuto in dono una cucciola di Siberian Husky – razza che per indole e morfologia incarna inequivocabilmente terre selvagge e sconfinate – è iniziato il mio approccio al magico mondo dei cani da slitta.

Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sullo sleddog, inizialmente ho accettato con un po’ di reticenza poiché, nonostante la mia quasi ventennale esperienza sui trail (piste), mi sento e rimango semplicemente un appassionato. Nell’impegnarmi a scrivere alcune riflessioni sull’argomento, farò solamente dei semplici accenni tecnici, cercando di non sottovalutare un aspetto solitamente trascurato, quello psicologico del vero protagonista di questa disciplina: il cane.

Nel corso dei secoli, l’uomo ha effettuato una selezione delle varie razze canine al fine di poter ottimizzare il loro impiego in molteplici attività. Tuttavia, nell’intento di migliorare l’aspetto morfologico di ogni singola razza, probabilmente ha tralasciato la natura fondamentale dell’animale, ovvero l’individualità.

Se volessimo utilizzare un’analogia con il gioco del calcio, potremmo affermare senza dubbio che in una squadra tutti i giocatori concorrono alla vittoria con la loro individualità e compiti specifici. In egual misura applichiamo gli stessi concetti nello sleddog con la muta – composta in genere da 4 a 16 cani – che collabora come una squadra ma, come in ogni squadra, emerge la figura del leader, ovvero l’elemento più recettivo e duttile. Non necessariamente un capobranco, come i non addetti ai lavori potrebbero pensare, in grado di rispondere prontamente ai segnali (comandi), del musher e a mantenere la giusta andatura durante il percorso.

Tuttavia alla formazione della squadra concorrono anche altri ruoli:

  • gli swing-dog subito dietro ai leader, elementi polivalenti, capaci di sostituire in caso di necessità un leader e allo stesso tempo comportarsi come dei team-dog;
  • i team-dog: la squadra centrale, il motore;
  • i wheel-dog subito a ridosso della slitta, i più robusti, quelli che devono sopportare il peso più gravoso.

Per chi volesse avvicinarsi a questa disciplina – è possibile praticarla anche con un solo cane (skijoringdog-bikecanicross) – deve tenere in considerazione, come accennato precedentemente, oltre un’istintiva predisposizione del cane, l’eventualità che il nostro amico a quattro zampe, nonostante sia stato selezionato dall’uomo per questo lavoro, possa non avere nessuna voglia di trainare una slitta.

Nel corso della mia esperienza con i Siberian-Husky, ho avuto modo di incontrare alcuni esemplari con una forte e innata predisposizione al traino e altri fortemente reticenti a questo tipo di attività. Per ovviare a questa carenza, un ruolo fondamentale può essere svolto dal grado di empatia che il musher riesce a instaurare con i propri cani.

Con il mio Siberian-Husky sono stato fortunato nell’attività di traino sin dall’inizio. Akela (così si chiamava), appena vedeva una muta che partiva per un allenamento, si gettava immediatamente al suo inseguimento trainando per 8 km o più il sottoscritto e la mountain-bike alla quale era agganciata con la linea di traino, come se per lei fosse stata un’attività naturale. Questa esperienza mi ha portato ad una riflessione: rispettare e non sottovalutare l’istinto atavico e naturale del cane.
Successivamente, allenandomi da solo, non è stato sempre così facile. Spesso Akela non partiva senza uno stimolo (altri cani che correvano in team) che attirasse la sua attenzione e la invogliasse a partire. Non conoscendo in quel momento persone che mi potessero consigliare al riguardo, cominciai ad avere delle difficoltà. In seguito, gradualmente, grazie anche al dog-trekking, ho cercato di stimolare il suo istinto con “rinforzi” vocali positivi ogni qualvolta eseguiva correttamente delle mie indicazioni. C’è voluto più di un anno, ma alla fine sono riuscito a fare di lei un’ottima leader.

Da questa esperienza ho potuto capire che il Dog-trekking, per chi non ha la possibilità di “addestrare” il proprio cane introducendolo all’interno di una muta esperta, potrebbe essere fondamentale. Io ho avuto la fortuna di allenarmi in luoghi con numerosi sentieri e incroci, impartendo con naturalezza i primi comandi convenzionali: Hike (partenza), Gee (destra), Haw (sinistra), Easy (rallenta) e Stop (fermo).

All’inizio, contemporaneamente al comando vocale, esercitavo una leggera razione sulla linea di traino nella direzione che intendevo far seguire, indicandola allo stesso tempo con il braccio. Ogni volta che il cane eseguiva correttamente un comando, lo rinforzavo con un bel “bravo”. È molto importante stimolare il cane con il timbro della voce e rinforzarlo con gratificazioni verbali.

Il mio piano di allenamento era strutturato in questa maniera:

  • prima settimana: esecuzione di rettilinei, partenze e stop (quest’ultimo ottenuto attraverso una trazione del cane verso me stesso, al momento del comando;
  • seconda settimana: solo svolte a destra;
  • terza settimana: solo svolte a sinistra;
  • quarta settimana: impartivo tutti i comandi che il cane aveva imparato nelle settimane precedenti.

Recentemente, parlando con alcuni musher alaskani, si ragionava sulla necessità di avere comandi univoci per i cani. Questo mi ha trovato parzialmente d’accordo, in quanto se è vero che nella loro realtà professionale al fine di ottimizzare le mute c’è un continuo scambio di cani – motivo per cui si rende necessario un’uniformità nei comandi – nell’ambito dilettantistico (soprattutto italiano) è alquanto differente, poiché si verifica molto di rado lo scambio di esemplari fra i musher.

Ritornando all’introduzione allo sleddog e al successivo step di allenamento di un cane da slitta, ritengo che sia opportuno applicare metodi istruttivi percepibili dal nostro amico a quattro zampe come un gioco. Soprattutto nel caso di cuccioloni, che dai 6 mesi di vita in poi possono iniziare il training in modo graduale.

All’inizio si fa sentire una leggera trazione, senza mai caricare eccessivamente su:

  • peso;
  • durata dell’allenamento;
  • incitamento verbale, che non dovrebbe mai essere troppo enfatizzato, poiché potrebbe sovreccitare o innervosire troppo i cani fino a stressarli.

È altrettanto importante:

  • dare una certa continuità agli allenamenti;
  • allenare il cane a piccoli step, aumentando i tempi di durata del “lavoro” progressivamente;
  • lavorare con giuste temperature: in genere le razze nordiche prediligono temperature piuttosto basse (soprattutto se inferiori allo 0), anche se alcuni cani possono lavorare con temperature che si avvicinano ai 15 °C. Il surriscaldamento corporeo può inoltre essere soggettivo, ossia collegato alla razza o all’individualità del cane stesso. Per esempio, molti soggetti non tollerano temperature superiori ai 7 °C, mentre altri possono sopportare temperature leggermente più elevate.

È necessario, inoltre, valutare il giusto apporto calorico e la corretta alimentazione per il cane atleta. Qualsiasi tipo di esercizio impegna l’apparato muscolare in misura superiore alle prestazioni richieste per la routine quotidiana dell’animale. Un’alimentazione equilibrata è, quindi, condizione imprescindibile per la copertura del fabbisogno energetico e lo sviluppo dell’apparato muscolare dell’animale e va commisurata in base alle specifiche necessità: tipologia, intensità del lavoro svolto e condizioni ambientali.

In linea generale i fabbisogni energetici di un cane sono proporzionati al tempo e all’intensità dell’attività sportiva svolta.  Per la prima ora di lavoro, il fabbisogno energetico deve essere incrementato del 10% mentre, nel caso in cui il lavoro si protragga per alcune ore, l’aumento è stimato del 40-50%. Normalmente carboidrati e lipidi rappresentano la fonte energetica principale per il muscolo ma, parlando del lavoro intenso e prolungato dei cani da slitta, sono soprattutto i secondi a costituire la benzina per la propulsione muscolare. Soltanto una piccola percentuale dell’energia metabolizzata deriva dall’utilizzo di carboidrati, infatti, diversamente da quanto osservato negli atleti umani, nel cane un “carico eccessivo di carboidrati”, prima di una gara o di un allenamento, riduce la resistenza e favorisce la comparsa di un’andatura rigida per eccessiva produzione di acido lattico. Nei cani atleti vi è indubbiamente un aumento del fabbisogno di proteine, rispetto a soggetti sedentari. Secondo alcune interpretazioni scientifiche il contributo degli aminoacidi per scopi energetici può essere incrementato del 5-15% , tuttavia è necessario contenere l’apporto proteico in modo da non far gravare su fegato o reni un sovraccarico di lavoro.

Da non sottovalutare inoltre l’equilibrio idrico, strettamente correlato all’equilibrio termico. In caso di aumento della temperatura corporea, come durante un lavoro intenso e prolungato. Viene, infatti, attivata una dispersione di calore tramite l’evaporazione. Se il calore non venisse disperso, a causa di una scarsa idratazione, si avrebbe un aumento progressivo della temperatura corporea con il rischio di un “colpo di calore”.

Infine, è necessario ricordare che comunque l’attività fisica, anche se svolta correttamente e supportata da una adeguata alimentazione, comporta sempre uno stress e l’usura delle articolazioni, per cui si rende consigliabile la somministrazione di integratori alimentari, i cosiddetti agenti condroprotettori, quali glucosamina e condroitina.

La condroitina e la glucosamina sono sostanze chimiche che si trovano normalmente nel nostro organismo e in quello del cane: l’organismo in genere le usa per produrre diverse altre sostanze chimiche coinvolte nella costruzione dei tendini, dei legamenti, delle cartilagini e del liquido vischioso che circonda le articolazioni. Sono comunque spesso presenti normalmente negli alimenti per cani che si trovano in commercio, specialmente nelle linee sportive.

Fondamentale ricordare che acqua e cibo (spesso miscelati in un’unica soluzione brodosa) vanno somministrati distanti dall’attività fisica, per evitare spiacevoli inconvenienti, primo fra tutti la torsione dello stomaco.

A conclusione di quanto detto, sperando che questo articolo sia stato percepito semplicemente come una breve cronistoria della mia esperienza, voglio consigliare questo tipo di attività sportiva a tutti coloro che nutrono una passione per la natura, per gli spazi aperti, ma anche ai proprietari di cani non necessariamente di razza nordica.

Nell’approccio a questo mondo, pensate sempre al vostro cane senza mai sottovalutate il suo istinto, cercando di interpretare le sue reali esigenze (e non le vostre) e attitudini, senza stressarlo ma stimolandolo sempre come se fosse tutto un gioco.

Avrei voluto cercare di spiegare in maniera sintetica cos’è per me lo sleddog, ma risulta difficile, semplicistico e riduttivo definirlo come uno sport invernale, praticato facendo trainare una slitta da cani nordici su distese innevate. Non è così! Lo sleddog è soprattutto l’ululato dei cani alla partenza, il fruscio dei pattini della slitta sulla neve, il vento gelido che ti sfiora il viso, affrontare la natura con la natura: I CANI . Lo sleddog è uno stile di vita, fatica. Quella fatica che affronti con i tuoi compagni di viaggio e  che ti fa sentire all’arrivo, più carico di energie di quando sei partito, rimpiangendo  il giorno ormai trascorso.

Sleddog is not a sport, it is not a race….it is a lifestyle.

(Lo sleddog non è uno sport, non è una gara…è uno stile di vita)

 

Andrea Shembri