Zoomark... salone internazionale di chi fa business sugli animali domestici
17 maggio 2013
5 min

Zoomark... salone internazionale di chi fa business sugli animali domestici

cura
Si è svolto da poco a Bologna lo Zoomark, salone internazionale dei prodotti e delle attrezzature per gli animali da compagnia che viene organizzato ogni due anni e che raccoglie al suo interno produttori di cibo e accessori destinati agli animali domestici. Non siamo qui per denigrarlo né per parlarne male, ma soltanto ci preme sottolineare alcuni concetti. 

“Business is business” come diceva non ricordo chi, ma di certo era uno che pensava prima ai soldi e poi al resto. Lo sfacelo di questi anni, a mio avviso, è che mentre da una parte si cerca ancora di sensibilizzare gli esseri umani all’amore e al rispetto per gli animali (domestici e non), non ci si organizza affatto per occuparsi di quegli stessi animali in situazioni in cui le loro esigenze sono solo apparentemente poste al centro dell’attenzione.

La cosa più significativa che un mio cliente mi ha raccontato è che proprio all’ingresso del Salone internazionale dei prodotti e delle attrezzature per gli animali da compagnia di quest’anno (così come di quelli passati) campeggiasse un cartello enorme su cui c’era scritto “I cani non possono entrare”. Il mio cliente non ha fotografato il cartello, ma è entrato perché il lavoro lo costringeva a esserci. Di certo sono sicura che molti tra noi, leggendo lo stesso divieto, avrebbero girato i tacchi e se ne sarebbero tornati a casa loro, salutando da lontano lo Zoomark.

Questo piccolo episodio spiega, però, il sentimento che tenterò di esprimere nelle prossime righe e che si respira durante queste fiere, cioè che il business è sicuramente importante ma che si potrebbe e dovrebbe farlo in modo etico, consapevole e con più di un occhio di riguardo (almeno due) per i cani e i gatti che quel business alimentano.

Non parliamo delle compagnie che producono cappottini di ogni forma, foggia e colore, dei guinzagli realizzati in pelle (si uccide un altro animale per portare a spasso il proprio…però con molto stile), delle tavolette da mettere sul water per insegnare al proprio gatto a fare la pipì nel bagno di casa nostra, dei collari radiocomandati (non voglio scrivere elettrici, perché sono sicura che le aziende che erano presenti mi direbbero che “sono legali”), dei telecomandi per insegnare al proprio cane a stare seduto o a non fare più pipì sul tappeto (beato chi ci crede, ma soprattutto ingenuo), dei localizzatori satellitari per rintracciare il cane improvvisamente perduto (magari ci sarà un uso professionale di questi arnesi che mi sfugge, di certo qualcuno avrà bisogno di localizzare il cane per lavoro, ma insomma non mi trovo favorevole al GPS montato sul collare del mio Jack)….eppure tutto questo che avete appena letto era presente allo Zoomark.

Per non parlare poi degli alimenti, un comparto che in Italia e all’estero sforna crocchette, biscotti e leccornie di ogni genere ottenute da materie prime in quantità industriali, il che significa che qui da noi dovrebbero esserci a ogni angolo fabbriche che producono cibo per animali, mentre (guarda un po’) ce ne saranno si e no tre o quattro che lavorano conto terzi e che, quindi, producono anche quello che non pensiamo siano loro a produrre. Tutte le crocchette proposte e gli ingredienti usati rappresentano, quindi, una produzione di tipo industriale e utilizzano materie prime che da qualche parte derivano, arrivano, si stoccano e si lavorano in modo industriale.

Ormai molti alimenti sono cruelty free, ogm free, prodotti con le stesse modalità utilizzate in humana, ma altrettanti crocchettifici prendono gli scarti, ciò che resta, quel che avanza, quel che non si usa, ciò che si getta, ciò che è già morto o che è stato ucciso o soppresso (e non vi specifico cosa) e tutto viene usato, macinato, sminuzzato, rimpastato ed è pronto e servito in bei sacchetti luccicanti, con etichette ridondanti e packaging accattivanti che ci raccontano balle, frottole, eresie, incongruenze, impossibilità pratiche in modo che il nostro cane mangi quella roba e possa vivere (o sopravvivere) a lungo. Anche quell’industria era presente a Zoomark.

Per controbilanciare, però, c’erano anche tante piccole realtà che vogliono cambiare le cose e che si impegnano, con piccoli stand e piccole produzioni, a operare in modo etico e responsabile pur volendo produrre dell’utile dal lavoro svolto in favore degli animali domestici. Il mio plauso va a quelle piccole realtà sia italiane sia straniere che spero non si snaturino e riescano a tenere duro in un mondo in cui le multinazionali la fanno da padrone e purtroppo – ahimè – ancora tengono in ostaggio il mercato.

Ultima annotazione: in un salone internazionale che si dovrebbe occupare degli animali domestici sarebbe bello poter trovare un’organizzazione che permette non dico di accoglierli tra gli stand, ma almeno di accudirli e farli divertire mentre i loro proprietari girano per fare business. Di più, in un salone internazionale che si dovrebbe occupare degli animali domestici, sarebbe bello prevedere la presenza massiccia (e non senza dignità di nota) di associazioni, enti, scuole di formazione, centri cinofili, educatori, veterinari, comportamentalisti e di tutti coloro che lavorano, ruotano, si occupano, parlano, discutono, vivono quotidianamente con gli animali da affezione e che davvero possono essere consulenti, informatori, testimoni, portatori sani di buone novelle e di nuovi progetti nel segno del rispetto e della promozione del benessere degli animali domestici.

Speriamo di trovare tutto questo al prossimo Zoomark … appuntamento nel 2015!