Ultimamente i cacciatori sembrano sbagliare troppo spesso la mira, finendo per colpire e uccidere i propri segugi, invece che la selvaggina di cui vanno a caccia. Ѐ quanto emerge delle segnalazioni raccolte dalle compagnie assicurative negli ultimi tre anni, secondo le quali tra il 2010 e il 2012 sarebbero stati uccisi – fucilati per errore dagli stessi cacciatori – 7.500 segugi e feriti circa 6.000 cani da caccia. Tutto questo senza contare i più di 2.500 incidenti, con danni a cose, animali o persone, che sono stati registrati. Considerato che sono circa 750 mila gli iscritti totali alle associazioni venatorie, questo vorrebbe dire che è un cacciatore su 100 a uccidere, prendendo di mira anziché la preda il proprio quattro zampe. Sicuramente è un fenomeno che sta facendo discutere tanto, anche, chi appartiene al mondo venatorio: secondo quanto riportato dall’Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa), infatti, le denunce di morte di cani da caccia sono aumentate di circa il 30 per cento rispetto al triennio precedente, un incremento che non va per niente sottovalutato e che sospetta di più «se si pensa – si legge nel blog di Aidaa – che proprio nel 2010 Federcaccia ha firmato una convenzione per una nuova polizza assicurativa con primarie assicurazioni italiane che per la morte di un cane da caccia prevede un risarcimento fino a 1.800 euro». In base ai dati riportati dall’associazione animalista, ciò porterebbe a pensare che dietro queste morti violente si nasconda, in realtà, un tentativo di truffa alle compagnie assicurative. A ipotizzarlo non sono solo gli autori delle polizze, ma anche numerose riviste on line del mondo venatorio, «analizzando (ma guardandosi bene dal renderli pubblici) i dati sugli incidenti di caccia da quando – si legge sempre in una nota pubblicata da Aidaa – è entrata in vigore la nuova polizza assicurativa e richiamando altresì il fatto che la stessa Federcaccia è nell’occhio del ciclone in quanto il suo bilancio è in rosso di parecchi milioni di euro». Un altro fenomeno preoccupa gli animalisti, cioè l’abbandono – secondo i dati forniti dai canili italiani – di più di 10.000 cani e incroci con cani da caccia, i quali si aggiungono agli oltre 3.000 amici a quattro zampe, ogni anno vittime di maltrattamento o denutrizione. Ciò sembrerebbe avvenire in particolar modo nelle regioni del centro- sud Italia con Toscana-Umbria e Puglia in testa seguiti da Piemonte, Emilia e Veneto.