Buone notizie per chi possiede un amico a quattro zampe: nulla è cambiato per la detraibilità delle spese veterinarie, che solo poche settimane fa rischiava di essere cancellata. La conferma arriva – come si legge in una nota – dal consulente fiscale dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), Giovanni Stassi. Allo stato attuale dell’iter legislativo della legge di stabilità 2013 restano intatte, dunque, le previsioni che si trovano all’articolo 15, comma 1, lett. c-bis del DPR 917/86 Tuir, cioè del Testo unico delle imposte sui redditi. Secondo quanto uscito dalla Camera, infatti, «le spese veterinarie continueranno a poter essere detratte nella misura del 19 per cento, fino a un importo massimo di spesa di euro 387,34, limitatamente alla parte che eccede la franchigia di euro 129,11». L’Anmvi, che si dice «moderatamente soddisfatta», spera di non dover assistere a colpi di scena in Senato: «L’agevolazione resta confermata – dichiara l’associazione – ma in misura ampiamente insufficiente a sostenere le famiglie nella prevenzione veterinaria che, come troppo spesso si dimentica, ha riflessi sulla sanità pubblica del Paese. A conti fatti – continua a spiegare l’Anmvi – il beneficio fiscale è all’incirca di soli 50 euro all’anno ed è sostanzialmente annullato dall’imposizione della massima aliquota IVA sulle spese veterinarie, per giunta innalzata al 22 per cento dal prossimo anno». Dai consulenti fiscali dell’Anmvi giunge, anche, una buona notizia sul fronte delle riduzioni del beneficio fiscale, che sarebbe dovuto intervenire su base percentuale secondo la seguente progressione: 5 per cento nel 2013 e del 10 percento nel 2014. «L’articolo 40 comma 1 ter e 1 quater del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, nel testo definitivo approvato – è sempre Stassi a chiarirlo – non contiene più tale previsione». Ciò che adesso si spera è che la legge di stabilità salvi definitivamente il principio della detraibilità delle spese veterinarie, ma che subito dopo il Governo apra un capitolo fiscale ad hoc, a cominciare dalle prestazioni obbligatorie e di profilassi, ancora largamente disattese. D’altra parte, oggi, il 40 per cento delle famiglie possiede un animale da compagnia, ma due milioni e duecentomila, fra cani e gatti, non sono mai stati portati dal veterinario. Così, cresce il numero di proprietari che dirada le visite o non rispetta le profilassi contro le zoonosi. La scure fiscale, quindi, andrebbe solo a incoraggiare comportamenti contrari al possesso responsabile, anziché incentivare la fascia di padroni attenti al benessere dei cani.