Il nostro amico a quattro zampe quasi sempre non è ben accetto presso ospizi o case di riposo. Problemi legati alle norme sanitarie o alla privacy, visto che molto spesso in queste strutture si trovano stanze doppie o, comunque, condivise da più persone. Queste le principali motivazioni presentate, per esempio, da diverse case di riposo di Torino, alla richiesta di ospitalità per un’anziana donna inseparabile dal suo pincher. Dentro la nonna, fuori il cane. Una decisione che, in generale, va ad aggravare il già profondo stato di solitudine e depressione di molti anziani, soprattutto quelli che non possono contare sull’amore di una famiglia che si occupi di loro. Eppure dall’anno scorso, secondo quanto riportato da La Stampa e scritto in un articolo tratta da “Animalia”, il regolamento comunale di Torino prevede proprio l’inserimento degli animali d’affezione nelle case di riposo, accanto agli ospiti autosufficienti che potrebbero prendersene cura. Ѐ risaputa, infatti, l’importanza di questi animali nell’alleviare particolari patologie e situazioni di difficoltà, come, per l’appunto, la solitudine negli anziani. Peccato, però, che il regolamento preveda solo l’eventualità che ciò possa verificarsi e non l’obbligo. Ragione per cui nessuna struttura torinese, di fatto, prende sul serio la possibilità di accogliere pure gli animali dei propri anziani ospiti. Il problema è stato preso a cuore dalla consulta animalista di Torino, che in tutti i modi sta cercando di far rispettare il regolamento: «Chiederemo un incontro con l’assessore al Welfare Elide Tisi – spiega il presidente Marco Francone – perché medi tra le case di riposo e noi, che dobbiamo accogliere nei canili animali di anziani che non riescono più a stare a casa propria, ma sarebbero ancora in grado di badare ai loro animali. I nostri volontari, inoltre, si offrirebbero per turni di passeggio e piccole cure». D’altro canto, l’assessore replica che «solo in rarissimi casi un anziano autosufficiente deve separarsi dal suo animale: in genere chi può resta a casa sua». Per questo motivo «nelle case di riposo – aggiunge la Tisi – bisognerebbe incentivare la pet-therapy, come previsto dal regolamento comunale. Immaginare una convivenza vera e propria resta invece un’opzione più problematica, ma faremo il possibile». Intanto, si spera che molti comuni possano adottare una politica che preveda la non separazione dei nonnini ricoverati in case di riposo dai loro amici a quattro zampe, considerando i grandi benefici che questi animali sono capaci di portare all’anziano e all’uomo in generale.