Cani alla catena: ammenda di 5 mila euro per alcuni cacciatori di Viterbo
12 marzo 2012
3 min

Cani alla catena: ammenda di 5 mila euro per alcuni cacciatori di Viterbo

maltrattamento

Dieci cacciatori di Civitella D’Agliano, in provincia di Viterbo, sono stati condannati per aver tenuto i loro cani da caccia legati con una catena troppo corta, limitando al minimo i loro movimenti. La condanna ammonta a un’ammenda di 5 mila euro, ma l’avvocato difensore ha già annunciato il ricorso in appello. I fatti contestati risalgono a qualche anno fa, quando il Nucleo Investigativo sui Reati in Danno agli Animali ha sequestrato una parte di bosco nei pressi di Civitella D’Agliano, in cui si trovava un canile abusivo con una quarantina di cani. Gli animali sono stati trovati legati a una catena di circa un metro, troppo poco rispetto ai parametri regolamentari, e sistemati in delle cucce costruite alla meno peggio. All’interno del canile, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa GeaPress, è stata trovata pure una gabbia trappola già armata e attrezzata con un’esca di carne. Ovviamente trappole del genere sono vietate dalla legge. Si è disposto così il sequestro dell’area e i proprietari dei cani, membri di una nota squadra di caccia al cinghiale di Civitella, incluso il presidente, sono finiti a giudizio per maltrattamento degli animali. Ai tempi, la vicenda ha fatto molto scalpore e non solo a livello locale. La difesa ha tentato di difendere gli uomini, puntando molto sul fatto che i cani non presentassero ferite e che fossero tutti ben alimentati. In questi giorni, invece, per i dieci uomini è giunta la condanna a 5 mila euro di ammenda. Non si conoscono le ragioni precise per cui i cacciatori hanno perso, occorrerebbe leggere le motivazioni del provvedimento. Basti solo pensare che tenere dei cani in condizioni non idonee assieme pure a una catena troppo corta al collo, sono sufficienti per gettare gli animali in uno stato di patimento sia fisico sia psicologico. L’avvocato difensore non si arrende, convinto delle proprie ragioni, e annuncia che farà ricorso in appello, poiché sui poveri quattro zampe non sono state trovate ferite provocate dalla catena corta. Su Tuscia Web si legge: «Dal processo – spiega l’avvocato che difende i cacciatori condannati – è risultato che i cani godevano di buona salute, non presentavano ferite e che erano stati sempre adeguatamente nutriti. Il maltrattamento, semmai, era eventuale: la catena troppo corta avrebbe potuto causare loro lesioni. Di fatto, però, queste lesioni non c’erano». Intanto, visto che i fatti risalgono all’inizio del 2007, c’è pure il rischio della prescrizione.