Sono numerosi i poveri cani impiegati in combattimenti clandestini, costretti a lottare fino all’ultimo sangue, facendo gli interessi di gente senza cuore e scrupoli. Un ex combattente a quattro zampe, però, è riuscito a riscattarsi da questa vita dura e difficile, durante la quale è stato utilizzato come sorta di “allenatore” per cani destinati alla lotta, diventando poi un peloso al servizio della legge. Il suo nome è Ettore, prima chiamato Miele, e la sua eccezionale storia rappresenta il primo caso in Italia di cane sequestrato alla malavita e ora impiegato in attività di Polizia. Si tratta di un labrador di due anni, sottratto qualche tempo fa a un canile del centro Italia in mano ad un’organizzazione criminale: «Veniva utilizzato per allenare in genere dei pitbull e – racconta Antonio Del Greco, dirigente della Quinta Zona della Polizia di Frontiera – probabilmente indirizzato a una brutta sorte come vittima predestinata». L’animale per fortuna è stato tratto in salvo, per poi essere cresciuto e educato dall’Unità Cinofila del Leonardo da Vinci di Fiumicino, dove qualche giorno fa ha fatto il suo esordio da poliziotto a quattro zampe, più precisamente come cane antiesplosivo. La sua prima missione è consistita nel trovare una gabbia di uccelli tropicali: Ettore si è comportato benissimo e l’operazione è andata a buon fine. Una storia a lieto finire, che fa sperare anche per gli altri pelosi destinati alle lotte clandestine, troppo spesso costretti a fare una fine atroce. A tal proposito, sembra muoversi anche il Governo. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa GeaPress, nel corso della seduta dello scorso 11 aprile della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, il sottosegretario Filippo Milone avrebbe annunciato un inasprimento delle pene previste per i combattimenti tra cani. Si fa riferimento, in particolare, a un emendamento già approvato durante la precedente legislatura, che va a integrare l’art. 544-quinquies della legge 189/04, relativo proprio al divieto di questa pratica. Tal emendamento andrebbe a estendere la previsione di pena a chiunque partecipi a competizioni che comportino sevizie o maltrattamenti agli animali. Ciò vuol dire, anche, ai solo semplici spettatori. Si continua, però, a non fare alcun riferimento a chi, pur non partecipando, contribuisce all’organizzazione e all’attuazione di questi combattimenti clandestini, per esempio addestrando o allevando i poveri malcapitati a quattro zampe, poi destinati a lottare fino all’ultimo sangue. Inoltre, alle lotte in realtà partecipano in pochi, perché spesso si documentano all’esterno con filmati.