Il giudizio in esposizione di qualsiasi cane, a qualsiasi razza appartenga, normalmente si conclude con la valutazione del movimento. Probabilmente il peso che viene dato al modo di muoversi non è esattamente uguale per tutte le razze, per esempio credo sia tenuto in maggior conto per un levriere o un setter piuttosto che per un pechinese. Resta il fatto che il giudizio, come tutti sappiamo, deve valutare la bellezza funzionale e, qualsiasi sia la funzione a cui è deputata una certa razza, il cane deve muoversi e muoversi bene. Può sembrare un concetto talmente evidente da essere scontato o banale, ma non credo sia così. Nel nostro Paese si allevano annualmente circa 100.000 cuccioli iscritti, solo una piccola percentuale è destinata alla selezione e alle attività agonistiche, tutti, comunque, hanno una vita da vivere e una funzione da svolgere, fosse anche semplicemente far compagnia al padrone o fare la guardia alla sua proprietà. Il ruolo del cane ha subito, negli ultimi decenni, un profondo mutamento, assai più di prima è diventato parte integrante della vita dell’uomo, condividendo con lui momenti importanti dell’esistenza. In quest’ottica, io credo, deve evolvere il concetto di selezione, di bellezza funzionale, e quindi anche il fine e il valore delle esposizioni canine. Se la nostra funzione di giudici deve essere mirata solo a quella piccola percentuale (meno del 10% dei nati?) di soggetti destinata alla cinofilia ufficiale, significa che noi stessi diamo poco valore al nostro lavoro di giudici, se ci preoccupiamo solo di un’elite, magari di valore, ma assai ristretta e di nicchia, rimaniamo distanti dal vero criterio di miglioramento delle razze che da sempre perseguiamo. Per questo vorrei mettere l’accento sull’importanza del buon movimento che ovviamente è, semplificando, il frutto della corretta costruzione ed è premessa necessaria per uno stato di buona salute e di possibilità di svolgere adeguatamente la funzione a cui il cane è destinato. Fermo restando, naturalmente, l’incontestabile priorità di mantenere e migliorare il tipo. In altre parole, credo siano maturi i tempi per cui gli allevatori abbiano il dovere di produrre soggetti adatti a vivere adeguatamente nell’ambito sociale dell’uomo e possano rendersi utili secondo la funzione per cui sono stati selezionati. Fare accoppiamenti per produrre soggetti da esposizione, intendendo con ciò la ricerca del fuoriclasse, del grosso vincitore, riservando nulla attenzione agli altri prodotti che, per un motivo o per l’altro non sono adatti al ring, è una maniera diffusa di allevare che, a lungo andare, diventa deleteria per le razze. Ma se questo principio può comprensibilmente essere la spinta che guida le scelte dell’allevatore, deve essere compito del giudice indirizzarlo verso criteri cinotecnici più avanzati e più significativi. Se è vero, com’è vero, che il dovere del giudice è quello di scegliere, tra i soggetti sottoposti alla sua valutazione, quelli più aderenti allo standard e quindi quelli presumibilmente più adatti a migliorare la razza, credo sia altrettanto doveroso tenere nel massimo conto quelle caratteristiche che, visibilmente, avvantaggiano il soggetto nella sua qualità di vita, tra cui, evidentemente, il buon movimento. E, benché rischi di divagare dall’argomento che sto trattando, credo sia anche ora di combattere la tendenza a trasformare il ring in uno show, come talvolta avviene sulla scia della moda di altri Paesi. In altre parole: dare più importanza alla sostanza piuttosto che all’apparenza.