Il nostro amico a quattro zampe equiparato a un bene di lusso, nemmeno fosse un costoso gioiello o una macchina sportiva di ultima generazione. Che sia prezioso è certo, ma nel senso più metaforico del termine: la sua compagnia e i benefici che può apportare all’uomo sono indiscutibili. In questo caso, avere un cane rappresenta un “lusso” inestimabile, paragonabile a pochi altri. Da non inserire nel redditometro, però, come si vorrebbero fare con un provvedimento che preveda l’inserimento delle spese veterinarie nel paniere di misurazione della ricchezza delle famiglie italiane. Le associazioni animaliste non ci stanno e in una lettera congiunta si rivolgono al Presidente del Consiglio, Mario Monti, al ministro della Salute, Renato Balduzzi, e al sottosegretario della Salute, Adelfio Elio Cardinale, ricordando come «l’inclusione delle spese veterinarie tra gli indici di ricchezza abbia trovato il disappunto non solo degli animalisti e di numerosissimi cittadini che convivono con cani e gatti, ma anche del mondo della politica e della veterinaria». Enpa, Lav, Leidaa, Lega nazionale difesa del cane e Oipa tengono a sottolineare che «tali spese non possono e non devono essere specchio di agiatezza: gli animali, come riconosciuto dal Trattato di Lisbona dell’Unione europea e dal Codice deontologico dei medici veterinari, sono esseri senzienti, non beni di lusso. Hanno il diritto – continuano gli animalisti – alla tutela del loro benessere e della loro salute, garanzie queste che devono essere assicurate tanto più in una fase così delicata per l’economia di molte famiglie». Per non parlare poi del fatto che chi possiede un cane o gatto deve già, molto spesso, sostenere con sacrificio le spese veterinarie, in quanto «gravati da una misura estremamente penalizzante: l’aliquota Iva più alta sulla salute degli animali e sui loro alimenti (21%), aliquota che può essere foriera di rischio di abbandono e di rinuncia alla proprietà come dimostrano i conferimenti in canile a causa delle difficoltà economiche di tante famiglie, un fenomeno in sensibile aumento». Per questo motivo «è necessario introdurre importanti misure per il benessere animale e il contrasto del randagismo come l’aumento della soglia di detraibilità delle spese veterinarie, rendendola totale per chi adotta un animale abbandonato, e la riduzione dell’Iva al 10 % per chi ha adottato animali o non li tiene a scopo di lucro». Anche l’ex ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, con un’interrogazione al ministro dell’Economia, chiede che le spese veterinarie siano escluse dal redditometro delle famiglie.