Da un recente sondaggio condotto in Canada, monitorando un campione di 505 padroni di piccoli cagnolini, è emerso che il cinquanta per cento di loro preferisce il proprio cane rispetto agli amici. Che tra la compagnia di un loro simile (per quanto simpatico, per bene, educato) e quella del loro animale non hanno un istante di esitazione. Dal sondaggio emergono anche altre cose: l’80% del campione concede al proprio cane quasi qualsiasi cosa (compreso stare su letti e divani), che il 60% fa loro regali per le feste (Natale, compleanni…), che il 78% coinvolge il proprio cane nelle sue attività quotidiane e che il 53% pianifica le proprie vacanze in maniera da poterlo tenere con sé. La percentuale assume il valore di un’istantanea sorprendente, mostra quanto sia diventato difficile amare il prossimo. Chi si rapporta a un animale non lo fa per comodità, per convenienza, per egoismo. Occuparsi di un animale è un occuparsi puntuale e coscienzioso. È vero che si riceve immancabilmente più di quanto si dia, perché l’amore che ti arriva addosso è tutto pulito, perché il suo sceglierti vale il doppio. Perciò, il problema non sta in chi, avendo un cane, preferisce il cane agli amici. Il problema, probabilmente sta negli amici, negli umani, in tutti noi insomma. È più difficile che il rapporto con il proprio cane «entri in crisi», è più raro che un cane ci fraintenda, ma questo non significa che questo non sia un rapporto. Semplicemente è un altro rapporto. Anzi, “il” rapporto.