La prima persona che mi parlò con entusiasmo e competenza del lagotto romagnolo, ormai parecchi anni fa, è stata un’amica tedesca: la cosa mi colpì non poco perché in Italia, allora molto più di oggi, nessuno lo conosceva nonostante le sue origini italiane. Oggi le cose sono migliorate anche se ancora, passeggiando con un lagotto, ti chiedono spesso se sia un barboncino od un simpatico meticcio. Questa razza, del gruppo dei retriever, cugina dei molto più diffusi labrador e golden, ha un successo crescente nei paesi del nord Europa dove ci sono liste di attesa di due anni per averne uno ( vedi la Germania) e dove è apprezzata non solo come unico cane al mondo specializzato nella ricerca del tartufo ma come compagno di vita solare e attivo, ottimo cane per attività sociali come la pet therapy e in qualità di cane sportivo nel settore dell’agility. Non perde pelo e per questo è consigliato a chi ha problemi di allergie; di contro ha bisogno di essere periodicamente tolettato, ma la tolettatura consiste esclusivamente nell’accorciare con le forbici il pelo per evitare infeltrimenti, per il resto non necessita neanche di essere spazzolato. Altra attenzione che va dedicata a questo cane è il controllo delle orecchie che all’interno sono arricchite di pelo che va delicatamente rimosso per evitare che trattenga corpi estranei. Il lagotto è un cane compatto e medio piccolo, nuotatore come tutti i retriever e per questo perfetto per chi ama andare in barca; la sua allegria è contagiosa come la sua voglia di relazione. Adora l’uomo ed in particolare è affascinato dai bambini, ama i suoi simili e si relaziona bene con altre specie animali. Insomma è un vero gioiello della cinofilia italiana purtroppo relegato a fare il cane da tartufi, non perché non si diverta nella ricerca, al contrario, ma perché troppo comunemente costretto a vivere in un box o da solo in campagna in quanto cane utilitaristico. E’ soggetto a rischi elevatissimi di avvelenamento: e si, il mondo dei tartufai è complicato e soprattutto economicamente allettante, date le quotazioni di questo fungo, ed è incivile consuetudine disseminare i luoghi di raccolta di bocconi avvelenati. Ogni anno sono molti i cani, e non solo lagotto, a morire per un tartufo. Ma ci sono piccoli segnali che fanno sperare che il lagotto avrà un futuro migliore: quello più evidente è l’interesse crescente degli allevatori italiani donne verso questa razza, non che siano assenti dal panorama della cinofilia allevatori uomini sensibili e attenti ai bisogni psicologici del cane, ma certo non sono la norma e la storia degli allevamenti del nostro paese lo dimostra. Anche quando, negli anni ’90, l’educazione gentile ha fatto capolino nel nostro paese si è interessato al settore quello che oggi è diventato un esercito di donne educatori cinofili che prima avevano resistenza ad inserirsi in un ambito lavorativo che si reggeva sulla coercizione e sull’umiliazione del cane che caratterizzava “l’addestramento” tradizionale purtroppo non ancora estinto. Ma i tempi cambiano e, negli ultimi 15 anni, rapidamente: sono convinta che il prossimo diecennio anni permettera’ al lagotto romagnolo di diffondersi e di trasformarsi in un animale accolto nelle case per condivide la vita familiare, il tempo libero, lo sport e perché no, per portare a casa qualche tartufo o per ritrovare le persone scomparse.
Buona fortuna lagotto, te la meriti tutta!
Rossella Eller