La scena è sempre la stessa. La signorina imbellettata sul mio lato di marciapiede, a 30m da me e il mio cane di 3 anni che mi segue sereno al guinzaglio, dopo uno sguardo atterrito, si ferma, fa cadere tutte le buste della spesa che stringe fra le mani, si piega sulle ginocchia e raccoglie disordinatamente da terra il suo tenero pargoletto, stritolandolo tra confezioni di pasta, di latte e un detergente per il viso. Il tenero pargoletto, stavolta, è un cucciolo di cocker di circa 4 mesi e io, pur di non assistere ulteriormente a quello scempio, attraverso la strada appena la vedo chinarsi.
E’ da quando è successo che mi domando se non avessi fatto meglio, dato il segnale d’attesa al mio cane, a raggiungere la signorina imbellettata e spiegarle quale enorme danno stava facendo al suo cucciolo, di quale importantissima esperienza lo aveva appena privato e di quali disastri è destinata a generare continuando a negargli l’incontro con qualunque cane, soprattutto quelli di taglia più grande.
L’incontro di un cucciolo dotato di una minima socializzazione intraspecificia – ovvero un cucciolo che ha avuto modo di interagire con mamma e fratellini fino ad almeno 60 giorni – con un cane adulto, ben socializzato ed equilibrato, è una delle esperienze più importanti, più fondanti, più intense e più costruttive che una creatura in età evolutiva possa fare. La serie di domande a cui il cucciolo può trovare risposta su sé e sul mondo sono innumerevoli, dandogli modo di creare una mappa dell’ambiente attorno a sé affidabile, cui fare riferimento ogni giorno e per affrontare qualunque novità.
Come mi devo comportare quando incontro un mio simile? Quali sono gli atteggiamenti che possono dargli fastidio di me e che devo evitare? Quali sono le cose, invece, che possono fargli piacere? Riuscirò ad esprimerle? Come posso fare per dimostrargli che ho intenzioni pacifiche, che voglio solo fare amicizia? E se dovesse essere sgradevole con me, come posso tranquillizzarlo? Come posso cambiare il suo cattivo umore? Posso farlo? Sono in grado di farlo? Quello che mamma mi ha insegnato, funzionerà o dovrò escogitare altri sistemi? E se dovesse dimostrarsi simpatico, potremo giocare insieme? Riuscirò a fargli capire che ho voglia di giocare?
Queste sono solo alcune delle primissime domande a cui un cucciolo può trovare risposta in un’esperienza importante come quella dell’incontro con un cane adulto che si dimostri gentile, equilibrato, comunicativo e paziente. Sono domande fondamentali per la sopravvivenza stessa del cane che impara, in questo modo, come rapportarsi al resto del mondo canino acquisendo nel frattempo una stabile fiducia in se stesso, nelle sue capacità dialogiche, nel suo bagaglio esperienziale. Un cucciolo che ha la possibilità di incontrare una moltitudine di cani, anche e soprattutto di taglie diverse, impara a intendere e farsi intendere, a riconoscere le sfumature e persino ad isolare le eccezioni rappresentate da cattivi comunicatori, da soggetti impulsivi e persino aggressivi.
E allora, visto che il ruolo del cane adulto è tanto determinante nel rendere costruttiva l’esperienza dell’incontro, la signorina imbellettata mi potrebbe rispondere che, nel dubbio, è preferibile “proteggere” il cucciolo. Signorina mia, quando il suo cane inizierà ad aggredire gli altri cani – perché le assicuro che è questo che rischia continuando a negargli la possibilità di esperire il mondo sociale canino – capirà proprietari di cani mordaci raramente si muovono con disinvoltura. Senza contare, ancora, che cani abituati a “parlare” il linguaggio canino, certe cose sanno dirsele a distanza anche senza l’intromissione diretta dei proprietari che, spesso, potrebbero limitarsi ad “ascoltare” il dialogo ed agire in modo appropriato in caso di necessità. Del resto, insegnare ai proprietari il linguaggio canino e’ esattamente l’obiettivo dei percorsi di educazione cinofila che chiunque prenda un cane con sé dovrebbe seguire almeno una volta nella vita.