Dopo la riduzione della detraibilità fiscale e l’aumento dell’Iva le spese veterinarie entrano nel nuovo redditometro. A partire dal mese di agosto le spese veterinarie sono state colpite dal fisco tre volte nelle manovre aggiuntive e correttive, prima riducendo la detraibilità fiscale, poi aumentando l’Iva dal 20 al 21 per cento e infine con l’inserimento delle stesse tra i 100 indicatori del nuovo redditometro; sembra in ultimo da voci che si rincorrono sul Web che sia in arrivo una sorta di tassa di proprietà sui cani con un valore che oscillerebbe tra i 10 e i 30 euro ad esemplare. Mentre per l’ultima ipotesi non vi sono riscontri oggettivi, se non una proposta di Gianni Mancuso, deputato Pdl, che vorrebbe dare facoltà ai comuni di introdurre una tassa sul possesso sui cani e gatti, al fine di devolvere le risorse a sostegno dei servizi per animali, negli altri casi i provvedimenti che vanno a colpire i proprietari di animali si sono ormai concretizzati in una maggior spesa e in una minore detraibilità dei costi. Il presidente dell’ANMVI Marco Melosi dichiara a proposito che “ la sanità animale non può essere considerata tra beni di consumo” e si auspica che il nuovo governo Monti intervenga riducendo l’aliquota dell’Iva al 10%, la stessa che viene applicata ai farmaci veterinari, di esentare le prestazioni obbligatorie e di prevenzione veterinaria, di incrementare la detraibilità delle spese veterinarie (mai adeguate al costo della vita) , quale strumento di lotta all’evasione fiscale e di eliminarle dalle 100 voci del nuovo redditometro. Nel nostro paese sono presenti oltre 60 milioni di animali domestici tra cani, gatti, uccelli, pesci ed animali esotici, per la cura ed il benessere dei quali le spese veterinarie non rappresentano un lusso ma una necessità; è quantomeno dicotomico che gli stessi legislatori che sostengono di prodigarsi per il loro benessere e a favore della lotta a fenomeni quali gli abbandoni e il randagismo vadano a colpire economicamente e indistintamente i proprietari che desiderano tutelare la salute dei loro animali. Sarebbe forse più equo andare a colpire, oltre che penalmente, anche economicamente e con sanzioni estremamente onerose chi gli animali li maltratta, per poi redistribuire i proventi a favore delle realtà che quotidianamente si occupano del loro benessere in condizioni di difficoltà economiche.