In pratica, l’ufficio legale dell’associazione animalista ha ripescato alcune sentenze della Cassazione secondo cui la mancata cura di un animale configura i reati di abbandono e maltrattamenti. Ed è così che, sulla base di queste, la donna ha potuto sostenere che, se non avesse assistito il proprio pet, avrebbe commesso un reato, ottenendo così dall’ateneo romano un paio di giorni di permesso retribuito.
Non si è mai verificato un caso del genere. “Ora – dichiara il presidente della Lega anti-vivisezione, Gianluca Felicetti – con le dovute certificazioni medico-veterinarie, chi si troverà nella stessa situazione potrà citare questo importante precedente. Un altro significativo passo in avanti, che prende atto di come gli animali non tenuti a fini di lucro o di produzione sono a tutti gli effetti componenti della famiglia”.