I recenti fatti di cronaca accaduti in Italia, riguardanti un camionista siciliano e un anziano di Milano sbranati da branchi di cani randagi, hanno visto i media improvvisamente sbattere in prima pagina questi animali, come fossero assassini per natura e non come triste conseguenza di alcune “precise responsabilità politiche e amministrative”. A tal proposito si è espressa l’Anmvi, l’Associazione nazionale medici veterinari italiani, che ha considerato la pericolosità del randagismo come un “fatto inaudito”. Il racconto di questi episodi, ai quali televisione e stampa hanno dato ampio risalto, evidenzia l’intrinseca natura violenta del branco che “trasforma cani abbandonati in predatori”. Sottolinea con forza “il pericolo per l’incolumità pubblica dei cittadini” e la necessità di misure forti. Intanto, sembra distogliere lo sguardo dall’Ucraina, dove è in atto un vero e proprio olocausto di randagi. Qui si è passati dalle stragi ufficiali alle uccisioni perpetrate illegalmente, ma di fatto nulla è cambiato. Che esista un nesso tra l’enfasi che è riservata agli episodi legati al problema del randagismo in Italia e il silenzio assordante che circonda l’abbattimento più o meno legalizzato di migliaia di cani ucraini?
Da troppo tempo si sta portando avanti una mattanza di anime innocenti, randagi la cui unica colpa è popolare le stesse strade che tra non molto migliaia di turisti calcheranno durante gli Europei di calcio 2012. L’Ucraina assieme alla Polonia ne sarà la sede. Un’occasione unica per il Paese, un’occasione infernale per i senzatetto a quattro zampe che si aggirano tra le sue vie. Il governo ha pensato di “fare pulizie”, mettendo in uso pure i forni crematori mobili. Poi, lo scorso novembre, il ministro dell’Ambiente ucraino assieme all’UEFA ha annunciato la fine degli abbattimenti. Forse si è temuta la cattiva pubblicità o forse si sono improvvisamente illuminate le coscienze. Peccato che le stragi siano ugualmente continuate e che tantissimi altri cani siano stati trovati morti o agonizzanti per le strade. Avvelenati con bocconi mortali, seppelliti ancora vivi e con il cemento in fosse comuni, bruciati nei ripari costruiti dai volontari o fucilati in testa. Quello dell’uccisione dei cani e dei gatti randagi è un problema sempre esistito nella società ucraina. Va avanti perlomeno da vent’anni, ma non aveva mai raggiunto livelli così preoccupanti. Grazie alla testimonianza di un connazionale che lavora a Kiev come fotografo, Andrea Cisternino, il fenomeno ha avuto una vasta eco mediatica, indignando molti e toccando la sensibilità di tutta la comunità internazionale.
Il randagismo costituisce una vergogna per il mondo del calcio e l’Ucraina ha deciso di sbarazzarsi del problema perpetrando la violenza contro esseri indifesi. Non è dei cani randagi di cui si dovrebbe avere vergogna, ma piuttosto di chi esercita la violenza, e nella storia del calcio purtroppo di episodi violenti non ne sono mancati. Uno per tutti, la partita di qualificazione agli stessi Europei 2012 tra Italia e Serbia, teatro di una serie di brutali scontri provocati da tifosi ultranazionalisti serbi sia dentro sia fuori lo stadio. Non sono mancati i feriti, le denunce e gli arresti. Tra questi, quello del giovane capo ultrà Ivan Bogdanov, già in passato colpevole di disordini di questo tipo. Proprio per colpa dell’azione sconsiderata di alcuni estremisti, spesso gli stadi sono trasformati in delle vere carceri, con “gabbie” in cui vengono relegati i tifosi. Eppure molti di loro, ben differenti dall’Ivan Bogdanov di turno, stanno mostrando grande solidarietà nei confronti dei cani ucraini, esponendo tra gli spalti degli stadi diversi messaggi di protesta. Anche i tifosi italiani stanno manifestando una grande sensibilità per la sorte di questi animali. Recentemente nella Curva Nord di San Siro sono stati esposti due enormi striscioni. Uno con la scritta “UEFA: STOP THE DOG MASSACRE IN UKRAINE”, l’altro diretto esplicitamente al presidente dell’UEFA, Michel Platini, e ai suoi “soli interventi di facciata”. Fuori lo stadio milanese, invece, l’Organizzazione Internazionale Protezione Animali (OIPA) ha protestato con maschere bianche in volto e palloni insanguinati in mano. Lo scorso febbraio, il caso assurdo: all’Olimpico di Roma, un laziale si è visto comminare una sanzione di 172 euro, per aver utilizzato in uno striscione di protesta la parola “massacro” e il colore “politico” rosso, andando contro le disposizioni del Decreto Maroni.
In Ucraina sono stati e continuano a essere uccisi migliaia di poveri innocenti, a causa di un grande evento calcistico come gli Euro 2012. Il mondo del calcio, forse allettato da interessi economici troppo succulenti, abbassa gli occhi e nonostante l’impegno assicurato sembra non fare abbastanza per fermare l’orribile strage messa in atto dal governo ucraino. Una semplice riflessione, a questo punto, si fa strada nella mente: come fa l’uomo a pretendere rispetto per se stesso, se non riesce a provare alcuna pietà nei confronti di altri esseri innocenti? Per questi Europei stanno mettendo in gabbia i veri violenti?